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sabato 19 novembre 2011

Bulldog in gorgiera.

Il sole iniziava a prendere il colorito del tardo pomeriggio, quando le auto si ritrovarono davanti alla vecchia casa. La polvere si alzò un attimo dopo, agitata dalle ruote calde, mentre uno ad uno i ragazzi uscirono dalle automobili scure. Ognuno di noi si mise d’accordo per il breve viaggio che avremmo affrontato di lì a poco. Io scelsi di andare con Steve per simpatia ma subito me ne pentii. Il suo mezzo di trasporto infatti era un vecchio Ape ammaccato, color grigio piombo. Lui entrò disinvolto, nonostante i quasi due metri d’altezza, e si mise al posto di guida. Il rumore della craniata sul montante dell’Ape fece rigirare e poi scoppiare a ridere tutti i presenti. 
“Non è niente” disse Steve, sorridendomi “le prime volte succede sempre, poi ci si fa l’abitudine”. 
Con una mano premuta sulla fronte dolorante, mi piegai fino a riuscire ad entrare nel trabiccolo a tre ruote, per poi sedermi accanto all'amico.
La automobili partirono tutte sgommando e questa volta la nuvola di polvere si alzò fino a far scomparire il sole. 
Steve diede gas, l’Ape accennò un’impennata e partì. Dopo qualche chilometro ci ritrovammo a percorrere una strada alberata che costeggiava un torrente. La strada iniziò a salire e il torrente quasi scomparve dalla nostra vista, salvo tornare a far capolino di tanto in tanto. Anche se gli altri ci avevano superato da un pezzo, l’Ape correva più di quanto pensassi ed anzi, ad un certo punto, complice la vicinanza, a tratti eccessiva, al dirupo che delimitava la strada, la sua velocità fece scoppiare in me un violento attacco di panico. Iniziai ad urlare a Steve di rallentare, anzi forse arrivai ad implorarlo di fermarsi! Vedevo il torrente in fondo alla scarpata avvicinarsi ad ogni curva, gli alberi farsi minacciosi contro la sottile lamiera del triciclo a motore. Steve scoppiò a ridere, facendosi beffe della mia paura: “Tranquillo, ancora un paio di curve e siamo arrivati.”
Ragione, aveva ragione… ma per completare in bellezza e farmi rizzare tutti i capelli in testa, Steve fermò l’Ape con una derapata così repentina che per poco non lo fece capottare.
Eravamo arrivati all'Anfiteatro. Così avevamo chiamato quel posto fin da quando ci venivamo da piccoli. Era un piccolo lago artificiale a forma di mandorla, con un’estremità leggermente allungata e più stretta dell’altra. Per due terzi del perimetro era circondato da colline che scendevano quasi a strapiombo, fino a lambire le acque. Le ripide pareti erano state colonizzate, probabilmente nel secolo scorso, ed erano ora ricoperte da casupole di pietra, come a formare un presepe. Il nostro lato era invece pianeggiante e da qui lo specchio d’acqua rifletteva la luce del sole dando al presepe un colorito giallognolo.
Sulla riva del lago, sedute a chiacchierare c’erano tre figure di donna, vestite di scuro, con il capo ricoperto da un fazzoletto. Sul principio non si curarono della nostra presenza, né noi di loro, del resto. Mi ero soffermato ad osservare il bacino, e tra le increspature mi accorsi della presenza di alcuni animali che stavano nuotando. Le loro schiene marrone chiaro spuntavano a tratti dall'acqua. Poi improvvisamente presero a saltare fuori, nella mia direzione, per poi rituffarsi. E qui la sorpresa. 
Erano dei cani, probabilmente di proprietà delle donne seduta a riva. Ma la cosa particolare, anzi davvero strana, era il tipo di cane: un bulldog inglese di base, certamente. Ma, attorno al collo la sua pelle si estendeva a formare come una gorgiera, un collare dispiegato, che ricordava quello di un clamidosauro. Nel balzare fuori dall’acqua verso di me il clamide faceva apparire il cane molto più grande della realtà. Superato lo stupore iniziale e visto anche che in fondo i cani stavano giocando allegramente, la mia attenzione tornò sulle figure femminili. Una di loro si girò verso di noi, togliendosi il fazzoletto dal capo e scoprendo così anche il volto. Ci salutò sorridendo, con un fare amichevole e confidenziale. “Non mi riconosci?” disse. Subito anche le altre si voltarono scoprendosi a loro volta. Allora ne riconobbi prima una, poi l’altra ed infine la terza. Erano le madri dei nostri amici, molto invecchiate a dire il vero, che erano venute a portare a passeggio i loro “clamidobulldog”.
“Presto, dobbiamo andare, è tardi” mi disse Steve, “lei ci sta aspettando per mangiare.” 
Appena finito di parlare mi prese sottobraccio e ci incamminammo verso una vecchia casa in pietra. Dentro la casa, ogni stanza era arredata con dei tavoli in legno scuro. Entrammo tutti, dividendoci per stanza. Io girai diverse stanze, fino ad arrivare a quella dove c’era chi ci stava aspettando. Era una signora molto anziana, forse ultracentenaria, piccola e ricurva su se stessa, vestita di nero. I capelli bianchi, legati dietro la nuca, fuoriuscivano dal fazzoletto nero che le ricopriva il capo. 
Non feci nemmeno in tempo a parlare con lei che tutti i presenti presero ad urlare. “Via! Via! Via! Dobbiamo scappare! Ci hanno scoperto! Stanno arrivando!!!”…
Non riuscivo proprio a capire il motivo di tanta agitazione, poi mi resi conto, non senza stupore, che in mano avevo un fucile e come me anche gli altri. Mi precipitai alla finestra e rimasi un attimo basito. 
Lo spazio pianeggiante davanti alla casa si stava riempiendo di uomini in uniforme, militari, poliziotti forse. Le loro divise blu notte oscurarono in un attimo l’Anfiteatro. Nel buio creatosi i bottoni dorati sembravano una pioggia di stelle cadenti. 
Dal canto nostro, ci preparammo ad affrontarli, visto che ormai ci avevano circondato ed era impossibile fuggire. Come gli altri, mi tolsi la giacca e mi sbottonai la camicia. Rimanemmo tutti a torso nudo, ed uscendo fuori la luna illuminò la muscolatura possente che ciascuno di noi sembrava improvvisamente avere… pettorali e addominali scolpiti, bicipiti e tricipiti gonfi.
Poi si trasformò tutto in una sorta di videogame. 
Da una parte le divise blu che scendevano dalle colline circostanti come un unico blocco, dall'altra noi che, ad uno ad uno, fucile in mano a mo’ di bastone, ci schiantavamo contro i militari facendoli saltare in aria. Lì per lì la cosa sembrò funzionare e per un po’ resistemmo. Poi dall'alto dell’Anfiteatro scesero ancora più soldati ed in un attimo fummo sommersi dal blu notte delle uniformi. 

domenica 10 gennaio 2010

Trailer irreale

Solitamente trascrivo qua i miei sogni, a mo' di racconto. Succede sempre quando me li ricordo bene, e se sono comunque sogni particolari. Il più delle volte mi restano invece in mente solo spezzoni, una sorta di trailer del sogno. Per cui rinuncio a metterli su carta.
Ultimamente poi sono stato anche colto da pigrizia e quindi non ho scritto molto.
Per rimediare oggi mi metto a fare il trailer degli ultimi sogni e anche se ne verrà fuori uno spezzatino senza senso, pazienza, ma almeno me ne resterà memoria. Scripta manent, verba volant.

Il castello
Inseguito da non so più chi, mi ritrovo all'interno di un castello medievale, con scale ripide e stanze piccole. Scendo le scale rapidamente e da un'apertura ad arco sul pianerottolo sottostante vedo fuoriuscire una luce giallo-arancio, come se tutta quella stanza al piano inferiore fosse ripiena di fiamme. E in effetti non tarda molto che delle lingue di fuoco raggiungano il pianerottolo. Io sono imprigionato tra i miei inseguitori e le fiamme. Ma i miei nemici non si vedono più mentre dalla stanza incendiata emergono delle ombre scure e delle voci...

Vampiri
Vado a trovare un caro amico, nel suo negozio di antichità. Prendiamo un tè insieme e mentre sorseggiamo l'infuso mi fa una rivelazione sconcertante. Siamo entrambi dei vampiri, appartenenti ad una vecchia razza ormai in estinzione, che ha la caratteristica di non aggredire gli umani. Per tradizione abbiamo scelto di vivere in sintonia con il resto del mondo. Sono un vampiro quindi. La scoperta non mi stupisce più di tanto, in effetti mi ero ritrovato spesso a farmi domande su certi miei comportamenti... Continuiamo a parlare mentre osservo il mio amico. E' molto più vecchio di me, canuto, con una barba bianca corta e a punta, gli occhi piccoli e molto espressivi. Ad un certo punto l'espressività delle sue pupille mi avvisa di un pericolo. Ci alziamo e usciamo fuori. Siamo su un'isola in mezzo al mare. Saliamo su un promontorio per scrutare l'orizzonte. Il cielo è plumbeo. Il mio amico tira fuori un cannocchiale, rivestito di pelle nera, e osserva un punto dove il mare si fonde con le nuvole. Guardo anche io e vedo solo dei puntini gialli, luminosi. Mi passa il cannocchiale e i puntini si rivelano essere degli occhi, che a loro volta stanno osservando noi. Gli occhi appartengono a delle persone che non hanno per nulla sembianze umane nè tanto meno apparenze invitanti e ben promettenti.
Mi dice che sono i vampiri di un'altra razza, quella che da sempre ha terrorizzato gli umani, con le loro storie di sangue. Ci hanno scoperto e stanno venendo a prenderci. Anche se mi dice che è ormai tardi, con molta calma mi invita a seguirlo, in un tentativo di fuga. Scendiamo lungo il pendio del promontorio, verso l'interno dell'isola, fino ad una apertura della terra sotto ad un albero. L'apertura da su un cunicolo. Ci avventuriamo all'interno, al buio. Dopo un po' scivoliamo e poi ruzzoliamo fino a cadere su una strada lastricata. Sono seduto, alzo la testa e guardo intorno: sono esterrefatto! Ci troviamo lungo la via di una città, si direbbe nel centro storico. Guardo meglio. I palazzi sembrano essere del 7-800, ma quello che è più strano è che anche i negozi, i lampioni, le carrozze che improvvisamente appaiono all'angolo, sembrano appartenere a due, tre secoli fà. Con un sorriso disarmante il mio amico mi spiega che siamo passati attraverso una porta temporale e che siamo realmente a metà del 1800. In genere lui usa questo passaggio per comprare oggetti che poi rivenderà nel suo negozio di antichità. Oggi ci è servito per scappare - con successo - dagli altri vampiri...

La showgirl
Ricordo soltanto la notizia della morte di una soubrette, showgirl di talento - di cui non farò il nome - deceduta all'età di 64 anni per un male incurabile.

Mio padre
Ho sognato di incontrare mio padre, e di fare con lui una bella chiacchierata, passeggiando insieme. Mentre mi parla mi ricorda due numeri. Mi rendo poi conto che uno dei due corrisponde alla data in cui ha avuto il primo infarto e l'altro agli anni che sono passati dalla sua morte.
Finita la passeggiata, mi saluta e poi muore...

lunedì 28 dicembre 2009

Colibrì, orologi e tarantole.

Insieme ad un gruppo di amici arriviamo in una località di mare, per una vacanza.
Alloggiamo in una casa con vista sul mare, a pochi metri dalla spiaggia. Prendo subito possesso della mia camera, una bella stanza con le pareti colorate di giallo e i mobili azzurri. Colori pastello che danno subito l'idea del relax che ci attende. Ma, mentre apro la valigia sul letto, inizio subito a vedere che c'è qualcosa che non va. Il letto è disfatto e in terra c'è polvere e sporcizia. Faccio il giro del letto, per vedere se anche dall'altro lato è sporco e vedo che tra le coperte che cadono a terra e la parete sotto la finestra, lanuggine e cartacce la fanno da padrone. Inizio subito a raccogliere e pulire, non senza lanciare qualche imprecazione.
Mentre raccolgo un pezzo di carta, intravedo qualcosa peggiore di quanto visto finora: uno scarafaggio morto!
Con una delle cartacce lo raccolgo e faccio per buttarlo dalla finestra ma, prima di riuscirci, mi cade dietro un mobiletto azzurro e bianco che sta proprio sotto le ante della finestra. Con pazienza vado per spostare il mobiletto, quando mi accorgo che giusto sopra ci sono altre cose inanimate. Osservo meglio, e scopro che si tratta di piccoli uccellini blu. Ce ne sono almeno tre o quattro, sparsi un po' sopra il mobiletto e un po' sopra il davanzale. Finisco di spostare il mobile ma con mio stupore mi accorgo che non c'è più lo scarafaggio che mi era caduto.
Ne parlo con uno dei miei amici, il quale però è preso dai corpicini dei colibrì. Ne prendo uno in mano, per osservarlo meglio pure io, e capisco lo stupore e l'attenzione del mio amico. Il corpo del colibrì non c'è, o meglio, c'è ma è vuoto. I colibrì morti sono come dei sacchetti vuoti: c'è tutto l'esterno del corpo, ma sono vuoti all'interno. Ci allontaniamo spaventati dalla finestra e dai colibrì.
Cosa può essere successo?
Chiamiamo il resto degli amici i quali iniziano a ragionarci su. Alla fine, uno di loro, esaminando bene uno dei colibrì, ci fa notare che i corpi sono forati da un lato, e che secondo lui l'interno è stato succhiato via.
Si ma da cosa o da chi?
Uno dei presenti ci dice che può essere stato un ragno, una sorta di tarantola, ma che in teoria non dovrebbe essere presente in questa zona. Ad ogni modo iniziamo ad ispezionare la stanza. Dietro al mobile intravedo un oggetto. Mi abbasso, allungo il braccio e riesco a prenderlo. E' un orologio d'acciaio, con quadrante azzurro. E' molto sporco, quindi prendo uno strofinaccio e lo pulisco bene. Tornato lucido guardo meglio il quadrante e vedo che c'è raffigurato un puffo. Il bracciale è bello ed il quadrante simpatico, decido quindi di tenermelo e lo indosso. Poi finisco di disfare la valigia e sistemo un po' di t-shirt nei cassetti, tenendomene una con disegnato un delfino che salta tra le onde e il logo "Red Sea". Poi mi sdraio sul letto per rilassarmi un attimo. Tra le coperte ed il cuscino sento però altri oggetti. Sono altri due orologi: uno sempre d'acciaio, ma non molto bello, ed un altro con la corona gialla. Anche il bracciale è dello stesso colore ma la sua particolarità è che è fatto di stoffa impermeabile, con allacciatura a strappo. Guardo meglio il quadrante e vedo che si tratta di un Breitling. Mi tolgo l'orologio con il puffo e indosso questo. E' un po' pacchiano ma è impermeabile e visto che sto per andare a passare la giornata in mare è proprio quello che fa per me.
E poi è pur sempre un Breitling.
Mentre finisco di allacciarmi l'orologio, sento gridare uno dei miei amici. Hanno trovato una grossa ragnatela incastrata su un angolo del soffitto. E' come un grosso cono schiacciato, con un foro al centro, per permettere l'ingresso. Dal foro fuoriesce una zampa scura e pelosa... A quella vista decidiamo di abbandonare la stanza, raccolgo velocemente tutte le t-shirt, le infilo disordinatamente dentro la valigia, prendo anche gli altri due orologi e insieme ai miei amici scappiamo via.


sabato 3 ottobre 2009

Pane e prosciutto.

Devo fare la spesa. Esco di casa, scendo in strada e mi dirigo al negozio di alimentari distante pochi metri. E' già tardo pomeriggio, la luce del sole filtra ancora tra i colori tenui dei palazzi. Arrivo al negozio, entro e sorpresa! il locale è semivuoto, non ci sono più tutti i banchi e gli scaffali che arredano e riempono gli spazi. Allineati lungo le pareti, imbiancate di recente, ci sono dei banconi ricoperti di pesce e i dipendenti, tutti allineati e in grembiule bianco, sono pronti sì a vendere, ma solo pesce. Esco, tra il disorientato e il deluso, ma non mi arrendo e mi dirigo ad un altro negozio di alimentari della zona. Arrivo, entro e... negozio vuoto, senza neanche il pesce. Riprendo la ricerca, terzo negozio, terzo locale vuoto. A dire il vero questa volta non è completamente vuoto. Al posto di scaffali e banconi, c'è un unico tavolo, molto lungo, con il ripiano all'altezza di circa un metro e sessanta. Sopra, una distesa di fette di pane o sfilatini tagliati a metà, con sopra degli affettati, prosciutto, salame, pancetta, capocollo. Sono lì, disponibili, gratuitamente. Intorno al tavolo una folla di persone che si accalca per prendere quante più fette di pane e affettati possibile, come se, in città non ci fosse più altra possibilità di trovare del cibo. Mi lancio anche io in mezzo e prendo due o tre fette di pane e prosciutto e pane e pancetta. Poi mi avvio all'uscita per tornare a casa.
Mentre sto per uscire incontro una signora, una collega con cui lavoravo nel mio vecchio ufficio. Ci salutiamo e iniziamo a parlare delle nostre relazioni. Lei sta con un uomo straniero, e mi dice che si stanno per sposare, perchè il suo compagno altrimenti rischia di dover tornare al proprio paese. Io invece le dico che, pur stando molto bene insieme, con la mia ragazza ancora non abbiamo deciso nulla riguardo al matrimonio. Poi la saluto, e incamminandomi verso casa, addento una fetta di pane e prosciutto.

martedì 15 settembre 2009

Il tallegato.

E' un pomeriggio di fine estate, e con un gruppo di amici percorriamo una via dell'immediata periferia cittadina. Il quartiere è stato abbandonato e lungo la strada troviamo i resti di quello che una volta era un chiosco, forse un piccolo bar oppure una rivendita di giornali. Sono rimaste in piedi solo le mura, due lati, il muro di sinistra e il retro. Il resto è crollato. Nelle piccole aiuole che costeggiano la strada non c'è altro che terra secca. Il cielo è parzialmente coperto di nubi, il che riflette su tutto un colore grigio chiaro.
La via finisce intersecando una strada principale. Attraversiamo l'incrocio per raggiungere un piccolo prato, o almeno, quello che ne resta. Il nostro furgone, un vecchio Citroen H bianco, è parcheggiato lì accanto. Ci mettiamo seduti a riposare e a osservare i resti del quartiere. Non c'è nessuno in giro, solo un paio di prostitute che si preparano ad affrontare una notte di lavoro. Sono decisamente molto truccate e vestite allo stesso modo: un piccolo top molto scollato, con il seno che fa capolino, una minigonna rossa, a portafoglio, aperta sul davanti a mostrare la "mercanzia", una striscia di pelo irto e setoloso, francamente disgustoso a vedersi, quasi fosse il dorso di un topo muschiato. Poi le prostitute si allontanano, e girandoci le spalle mettono in mostra il loro didietro: due natiche ornate ciascuna da una cresta punk, il prosieguo del "topo muschiato". Raccapricciante...
Io risalgo sul furgone, saluto gli altri e me ne vado. Faccio solo pochi chilometri, giusto il necessario per arrivare alla piazzetta dove un tempo sorgeva il mio vecchio ufficio.
Parcheggio. L'edificio è ancora lì e, come ad aspettarmi, c'è il geometra che lavorava al piano di sopra.
Vado a salutarlo, ci stringiamo la mano, ma poi la mia attenzione viene attirata da uno strano animale. Accanto ad una parete dell'edificio c'è il tubo di una grondaia che scende giù fino quasi a terra. Alla fine del tubo, attaccato tramite la coda, c'è una specie di grosso lumacone. Molto grosso in effetti, sembra quasi un gattone raggomitolato. Il tubo entra dentro la coda, come se l'animale si nutrisse di acqua piovana. Poi d'improvviso, la bestia si stacca dal tubo, e da sotto il corpo, alzandosi, escono fuori quattro zampotte. Ora l'animale è in piedi, sulle quattro zampe. Coda, corpo e collo sono quasi della stessa misura, e la testa è simile a quella di un grosso serpente, un anaconda o un pitone. Anche le zampe sono grosse, non come il corpo ma quasi. Le dimensioni sono comunque come quelle di un bel gattone. Non è ricoperto di peli e la pelle, di un colore tra il giallo ed il verde acido, è corrugata, mi ricorda la buccia di un melone giallo.
Lo strano animale non ha paura, anzi, mi guarda incuriosito. A quel punto chiedo al geometra che cosa diavolo sia questo strano essere.
"Ah, quello? è un tallegato, è un animaletto inoffensivo, anzi è molto affettuoso. Credo discenda dai salmoni e poi si è ambientato a vivere sulla terra. Se vuoi farlo divertire fagli sentire il suono delle campane."
Alzo lo sguardo e vicino all'edificio in effetti c'è un campanile. Premendo un tasto faccio partire il suono delle campane. Il tallegato si butta prima per terra, rovesciandosi più volte, poi, dopo una serie di balletti, si inizia a strofinare sulle mie gambe.
Il geometra aveva ragione, è davvero un cucciolotto affettuoso, anche se decisamente poco aggraziato. Le campane smettono di suonare, ed allora il tallegato a piccoli salti decide di allontanarsi e sparisce nei campi dietro l'edificio. Io saluto il geometra e risalito sul vecchio furgone me ne vado.

sabato 18 aprile 2009

Funeral Party

La notizia era arrivata così, all'improvviso. Foster, uno dei nostri amici, era morto. Non avevamo saputo molto di più ma già questo bastava. Velocemente, il tam tam tra le persone che conoscevo aveva fatto sapere a tutti la cosa. All'inizio c'eravamo chiusi in casa, con gli occhi fissi al vuoto. Poi, iniziammo a reagire.
Scritta la notizia su Facebook, con un laconico "Chiuso per lutto" in bacheca, ci mettemmo d'accordo sul vederci tutti insieme per ricordare Foster. Qualcuno di noi ci parlò di una casa, dove avremmo potuto organizzare il "party". Io e Verberg andammo a vederla. Era semi-abbandonata, sporca, con gli infissi rovinati e le finestre aperte, ma la cosa che ci colpì di più furono i grossi ratti che la infestavano. Erano talmente grossi da sembrare dei gatti.
Dopo il sopralluogo tornammo tutti insieme alla casa, intenzionati a ripulirla. Nel giro di una giornata tutte le stanze erano di nuovo in ordine e i topi erano spariti. Tranne uno.
L'urlo della nostra amica ci fece infatti capire che doveva essere rimasto nascosto da qualche parte. Verberg lo catturò. Era grosso, spelacchiato e sporco, ma a guardar bene non sembrava un topo. D'altro canto s'era fatto catturare con facilità, quasi avesse piacere della nostra compagnia. Allora Angie lo prese e lo lavò ben bene e dopo averlo asciugato si rivelò per quello che era, un vecchio gatto spelacchiato. Riprendemmo a preparare la casa per la serata, con il nostro nuovo amico tra i piedi. C'era chi preparava da mangiare e chi sistemava mobili e quadri. Io e Angie dopo aver tinteggiato d'azzurro una stanza, ci sistemammo un letto. Poi iniziammo ad attaccare dei poster alle pareti, salendo sul letto per arrivarci meglio.

La sorpresa ci colse la sera, poco dopo la cena. Dal giardino spuntò un uomo, alto, magro, con una t-shirt bordeaux. Era Foster. Vivo. Si mise seduto tra di noi, ancora attoniti dallo stupore. Ci raccontò che sì era morto, ma che la sua era stata una morte apparente, causata da una infezione presa per non aver usato dei guanti mentre stava facendo dei giochi erotici. Si era poi risvegliato in tempo, prima che lo infilassero dentro la bara. Ci rallegrammo tutti di questa sua "resurrezione" e stappammo delle birre per festeggiare.
D'un tratto ci rendemmo conto che mancava però un altro nostro amico, Loth. Era venuto alla casa con noi al mattino, ma erano già diverse ora che non lo vedevamo più. 
Quando sentimmo risuonare la sua voce, capimmo che quella era davvero la giornata delle sorprese, una giornata che avremmo ricordato a lungo. La voce proveniva da un punto buio della casa. Si intravedeva il torace possente di Loth - grande appassionato di body-building - stretto in una t-shirt grigio piombo. Ma non riuscimmo a scorgere il suo volto. Ci disse con tono cupo che purtroppo era morto, e che la cosa era avvenuta nel momento in cui Foster era tornato in vita. Uno scambio, che il destino aveva preteso. Ci parlò di come si sentisse in questa sua nuova "situazione", poi ci indicò come finire di sistemare la casa, in modo che potesse tornare ad essere splendida come un tempo. Per farlo ci sarebbero servite delle assi di una lunghezza ben precisa con le quali avremmo potuto rifare tutti i pavimenti.
Poi scomparve. 

martedì 17 febbraio 2009

Risveglio

Buio. 
Dallo studio accanto all'ingresso la luce arriva fino in camera, creando una leggera penombra. Il cellulare sul comodino inizia prima a vibrare poi, mettendo in fila le note di "Thriller", fa partire la sveglia. 
Buio. 
Dalla cerniera della spalla il braccio parte alla ricerca delle note e la mano si posa con violenza sul telefono. 
Silenzio. 
Mi rigiro ancora un po' sotto le coperte poi, controvoglia, mi alzo. Ciondoloni arrivo davanti al lavandino del bagno, apro il rubinetto dell'acqua calda e mentre il liquido inizia a scendere, mi guardo un attimo allo specchio. 
Buio. 
Gli occhi sono ancora chiusi, incollati. Infilo le mani sotto la cascatella d'acqua e mi inizio a bagnare il viso. Poi insapono le mani e continuo l'abluzione. Rialzo la testa e questa volta riesco a vedermi, tra la fessura delle palpebre. Capelli dritti in testa, guance insaponate e... Cazzo! ho ancora addosso il pigiama! ancora un secondo e lo avrei riempito di schiuma!
A questo punto gli occhi si spalancano, e la luce acquista tutto il suo valore. Mi spoglio, finisco di lavarmi, mi sistemo i capelli, abbassandoli con l'acqua e... Cazzo! i capelli, un po' lunghi, scendono sulla fronte ma... Terrore! Panico! Spavento! al centro della testa c'è una striscia di pelle rosa pallido, larga un tre dita e i capelli sono rimasti solo ai suoi lati. 
Guardo meglio, abbasso la testa e mi osservo, con un gioco di specchi, la nuca: sono calvo! i miei capelli si sono ritirati come le acque del mar Rosso e la calvizie sta prendendo il sopravvento sulla mia testa! 
Infilo di nuovo le mani tra i pochi capelli rimasti, cerco di sistemarli come meglio posso per far scomparire ai miei occhi quella landa desolata... Mi agito così forte che muovo, oltre le mani e le braccia, anche tutto il corpo, mi giro su me stesso e... mi sveglio! sono ancora nel letto, sotto le coperte, al caldo, con tutti, ma proprio tutti, i miei capelli brizzolati...

sabato 7 febbraio 2009

Un nuovo lavoro

Serata a casa di amici, si beve qualcosa insieme e si fanno quattro chiacchiere. Ad un certo punto, il padre di un mio amico, mi inizia a parlare. E' un cinquantenne molto giovanile e sportivo, padre di un mio amico venticinquenne. Mi parla di un nuovo progetto lavorativo in cui mi vorrebbe far entrare. Si sta costruendo una sorta di outlet come ce ne sono già molti in giro per l'Italia, ma in questo caso sarà dedicato esclusivamente alla vendita di automobili. Per me ci sarebbe la possibilità di fare il direttore delle vendite, responsabile di tutti i venditori dell'outlet. Gli spiego che ho già un lavoro, in Comune, anche se non mi piace e certo mi piacerebbe cambiare. Però di questi tempi, arrischiarsi in nuove avventure è un po' rischioso. La serata finisce e torniamo ognuno a casa propria. Il giorno seguente il padre del mio amico mi viene a cercare. Indossa dei jeans marroni e un golfino di cachemere beige. Mi chiede di andare con lui a vedere l'outlet in costruzione. Il villaggio verrà costruito in un'area in provincia di Arezzo. Arriviamo. E' un'immenso cantiere, sembra proprio una piccola città, con tante casette, ognuna delle quali avrà un salone espositivo. Io dovrei gestire appunto tutti i vari venditori dei saloni. Mi viene presentato il presidente dell'impresa a capo di tutto questo progetto, un signore sulla 65ina, grasso, vestito in modo molto elegante, con un completo blu e cravatta tono su tono. Mi offre un sigaro e inizia a spiegarmi che ha già aperto in Italia alcuni di questi outlet di automobili e che stanno funzionando molto bene: infatti i clienti hanno la possibilità di scegliere tra una gran quantità di modelli senza fare tanti giri.
Torniamo a casa e gli prometto di pensarci su. Infatti ne parlo con la mia compagna. Si tratterebbe per me di una buona opportunità di crescita lavorativa, sempre che dietro ci sia una società seria. Passano un paio di giorni e il padre del mio amico ritorna insieme al presidente della società. Vogliono assolutamente che io vada con loro a lavorare e mi fanno un'offerta economica: stipendio fisso di 4400 euro mensili, 14 mensilità, più una percentuale su tutte le vendite di auto effettuate; in più l'auto di servizio, perchè la sede sarà appunto Arezzo.
Il sogno svanisce con me che rimugino sull'offerta ricevuta... senza sapere se ho poi cambiato lavoro o no...

domenica 1 febbraio 2009

Il lago dorato

E' una bella giornata e insieme ad amici e parenti decidiamo di andare a fare un picnic in campagna. Si iniziano i preparativi e poi si parte.
Prima di arrivare al posto prestabilito, io e la mia ragazza ci fermiamo a casa di amici, perchè devo prelevare le loro due figlie. Ad attenderci c'è anche il nonno che, con mia sorpresa si rivela essere Gianni Agus, buonanima. Ha sempre quel suo tipico sorriso. Stiamo a parlare un po', sia delle bimbe che del posto scelto per il picnic. Poi ripartiamo.

Dopo un viaggio su strade statali piene di curve e in salita, arriviamo ad una radura. E' un grande prato che termina, proprio difronte a me, con una parete di terra alta più o meno tre metri. Sopra si estende un bosco fitto fitto.
Ognuno di noi si mette a fare qualcosa, c'è chi apparecchia, chi cerca la legna, chi prepara la carne, chi accende il fuoco. Io mi avvicino a mia madre che sta seduta sul bordo della radura, al lato opposto alla parete col bosco. Ci mettiamo a parlare di varie cose, dal picnic, al tempo alla mia ragazza.
Poi, mi metto a fare una passeggiata e vedo che proprio dietro a dove sta seduta mia madre, dalla radura si scende giù. Percorro un po' di metri in discesa e... non riesco a credere ai miei occhi: il paesaggio è completamente cambiato! ho lasciato alle mie spalle boschi e prati di montagna e davanti a me si estende un vasto specchio d'acqua. Il terreno finisce con delle grosse pietre, a tratti massi enormi, che terminano in acqua. Ogni masso dal più piccolo al più grande, è quasi rotondo, levigato dall'acqua e dal vento. Tutto ha un colore giallo ocra tendente all'oro, sia i massi che il cielo, forse dovuto al sole che sta tramontando all'orizzonte. Guardo questa spiaggia sassosa e la riva: ci sono decine di persone che prendono il sole e fanno il bagno, giocano, nuotano, si tuffano. Fermo una di loro e gli chiedo che mare sia questo qua. Mi risponde che non è un mare ma è "Il Lago".
Ritorno su dove avevo lasciato gli altri e chiamo mia madre. Le mostro quello che ho scoperto. Lei è contenta, già le era piaciuta la radura e il bosco, ora con il lago questo diventa il luogo ideale per venire a trascorrere il fine settimana, senza arrivare per forza più lontano.

giovedì 22 gennaio 2009

Frutta bianca

E' una bella giornata di sole, esco di casa e vado a prendere la mia ragazza per andare a fare una passeggiata. Arrivo a casa sua, lei esce e ci mettiamo a parlare per decidere dove andare. Ad un certo punto mi parla di un posto, in campagna, dove andava da piccola, un prato dove la portavano i genitori e che le fa venire in mente tanti bei ricordi. Aggiudicato, partiamo.
Arrivati nella zona indicata, parcheggio l'auto e proseguiamo a piedi. E' davvero un bel posto, un prato immenso, verde, ai piedi di un paio di colline, dalle quali sbucano i campanili di altrettanti paesi. Lei si mette a raccontarmi i suoi ricordi mentre camminiamo tra l'erba alta. Poi stranamente ci addormentiamo...

Non so quanto tempo è passato da quando siamo caduti addormentati ma veniamo svegliati da un gruppo di persone, abitanti del posto che, armati di bastoni appuntiti ci invitano ad andarcene da lì, perchè quelli sono i loro campi, dove coltivano le loro mele. Non vedendo alberi da frutta, chiedo dove sono le mele. Uno di loro infila una mano tra l'erba del prato: guardandolo meglio, non è un prato ricoperto d'erba bensì di tante piccole piantine piene di foglie. Il tipo ritrae la mano mostrandomi un frutto particolarissimo, della grandezza di una mela, ma butterato come un ananas e di un colore giallo pallido pallido. Ci spiega che quelle sono mele che crescono solo lì e noi non possiamo starcene sdraiati perchè roviniamo la crescita dei frutti.
Così ci allontaniamo fino ad arrivare in un prato poco distante. Qui ripiombiamo di nuovo tra le braccia di Morfeo, stesi in terra...
Più tardi, veniamo risvegliati da un paio di persone, vestite di chiaro, con abiti semplici, un paio di calzoni di tela e una camicia di lino. Anche questi ci sgridano perchè stiamo rovinando il raccolto. Questa volta rispondiamo scusandoci e diciamo delle mele. Uno dei due, prendendo un frutto ci dice che le loro non sono mele, ma delle pere particolari. Infatti il frutto assomiglia più che altro ad un avocado, con la buccia sempre simile a quella di un ananas, di colore bianco panna. Dopo averne raccolti un po' ci invita a casa sua. Ci racconta che sono tipi di frutta particolare che non esistono in nessun'altra parte del mondo, sia le mele che le pere, e che ci farà assaggiare uno dei frutti raccolti. Arriviamo al villaggio, fatto di case basse e quadrate, con il tetto piano. Tutto il villaggio è bianco e così la casa del nostro interlocutore. Ci fa entrare: anche l'interno della casa è bianco, e così i mobili, il tavolo, le sedie. Mentre l'altra persona, che si rivela essere una donna, inizia a tagliare la frutta, lui continua a parlare. Le mele sono di proprietà del villaggio sulla collina vicino alla loro. Ci viene servita la pera su un piatto. La polpa, bianco panna, è farinosa, ed il sapore è simile ad un melone, di quelli non retati e gialli, ma ricorda anche la zucca. Il nostro ospite si alza e prende una mela di quelle che abbiamo visto sul primo prato. la taglia in orizzontale e ne prende una fetta intera a forma di disco. Poi prende un attrezzo da cucina, simile ad un frullatore da tavolo, a forma di grossa pera. Lo apre e si rivela essere una sorta di lettore cd, dove viene posta la fetta di mela. Questa, una volta tagliata, mostra un colore giallo oro. Richiuso il lettore cd, parte una musica che ci avvolge completamente...

Qui finisce il post.

venerdì 5 dicembre 2008

Il sabotatore capellone

Sogno lungo e complesso come trama, per cui molte cose non solo sono difficili da ricordare ma anche da descrivere. Per cui questo che segue è solo un breve riassunto.
Faccio parte di una squadra sportiva che gioca in un palasport. Io non sono un giocatore, ma faccio comunque parte del gruppo. Mentre si gioca la partita, io parlo con altri membri della squadra. Si sta discutendo di come sabotare l'impianto sportivo. Bisogna salire sopra le gradinate, arrampicandosi su dei tralicci, per arrivare ad un quadro comandi generale. I dialoghi tra me e gli altri sono intensi e concitati. Alla fine si decide che ad andare dovrò essere io.
Finisce la partita e le squadre escono dal palasport. Resto solo io ed un altra persona. Bisogna fare attenzione perchè ci sono le guardie notturne.
A questo punto mi accorgo di come sono nel sogno. Ho una barba folta nera e dei capelli sempre neri, lisci e lunghi fino al sedere. Sembro un rocker, anche per via dell'abbigliamento, una canottiera marrone e un giacchetto di pelle nero, su jeans scuri.
Mi arrampico su per i tralicci, con i capelli che mi impicciano un po'. Arrivo in cima, scavalco un muretto di cemento e mi dirigo verso il quadro comandi. A questo punto mi sorprende il guardiano. E qui inizia un lungo dialogo (di cui non ricordo le battute) dove cerco di spiegare al guardiano che non è come pensa e non sono lì per fare danni. Segue una parte lunga in cui io scendo insieme al guardiano fuori del palasport e subito dopo risalgo in cima al traliccio dove si ripete la scena di prima. Poi alla fine il guardiano se ne va e io distruggo il quadro comandi.
Il giorno dopo i miei compagni di squadra mi dicono che stanno cercando un tizio con i capelli lunghi e neri e con la barba, autore del sabotaggio al palasport. Ne parlo, in un altro lungo dialogo, con mia sorella (nel sogno, in realtà ho un fratello!), la quale mi dice che devo fare qualcosa per quei capelli. Per cui me li arrotolo tutti dietro la nuca e li fermo, legandoli in qalche modo. Così sembra davvero che abbia i capelli corti ed in questo modo esco da casa di mia sorella, e vado in giro senza essere riconosciuto.

venerdì 28 novembre 2008

Vampiri?

Notte fonda, buio totale. Dormo profondamente rotolandomi nel letto come al solito, passando da un cuscino all'altro. Ad un certo punto sento dei rumori provenienti dalla sala, ma non mi preoccupo. Infatti riesco come a vedere chi provoca questi rumori. Sono entrati due pipistrelli neri che, una volta in salotto, si sono trasformati in due persone, anzi per essere precisi, in due vampiri. Sono alti, magri e con un lungo mantello nero. Ma non sembrano essere lì per me, per cui io continuo a dormire tranquillo. Infatti i due esseri, iniziano dapprima a discutere tra di loro e poi a lottare ferocemente.

La lotta è violenta e intensa ma breve e senza vincitori... infatti ad un certo punto i due vampiri si colpiscono l'un l'altro e muoiono entrambi, scomparendo in una luce dorata.
E io riprendo a dormire beato. D'altronde mi dico, i vampiri non esistono e io starò sicuramente sognando.
Poco dopo però sento come dei passi felpati avvicinarsi in camera. Stavolta non mi pare un sogno e la cosa mi preoccupa un po'. Che sia entrato davvero qualcuno?
I passi si fermano proprio accanto al letto e io mi preoccupo ancora di più, anzi diciamolo pure, sono spaventato.
Poi accade una cosa ancora più strana.
Sento come un peso, un corpo che si appoggia al letto, sopra le coperte, per poi rotolarsi sopra di me, schiacciandomi con il suo peso, per passare all'altro lato. E' la stessa sensazione di quando qualcuno che dorme con te, che magari si era alzato nella notte, tornando, per fare prima entra nel letto dalla tua parte e poi ti scavalca per andare dalla sua.
Solo che stanotte con me non si è addormentata nessun'altra persona!
La sensazione è stata chiarissima, era il corpo di una persona che si è prima seduta, poi sdraiata e quindi si è rotolata sopra di me. Così netta che mi sveglio con un salto! i capelli li sento tutti dritti sulla testa e ho i brividi per tutto il corpo! accendo la luce, non c'è nessuno. Sono le tre meno un quarto.
Per un po' fatico a riaddormentarmi, ripensando ai vampiri... e se uno dei due fosse sopravvissuto all'altro?

mercoledì 26 novembre 2008

Aerei e vacanze al Cairo...

Due sogni, due storie.
Mi trovo in un hotel insieme alla mia ragazza. La camera è bella, grande, con un salottino, un bagno e la stanza da letto. Mi affaccio dalla finestra: siamo in pieno centro della capitale egiziana, Il Cairo. Sotto, la gente passeggia tra i vari banchi di un mercato rionale. Bussano alla porta della camera, vado ad aprire. E' un ragazzo che non conosco, gli dico che ha sbagliato sicuramente camera e lo invito ad andarsene. Chiudo la porta e torno nella stanza da letto. Poi sento dei rumori, torno all'ingresso e vedo lo stesso ragazzo. Allora lo prendo per un braccio e lo accompagno di forza alla porta, chiudendolo fuori. Ma dopo un po' la scena si ripete e allora, dopo avero portato nel corridoio, inizio a riempirlo di botte, tante, con violenza. Alla fine lo prendo, lo sollevo e lo scaravento fuori da una finestra. Il ragazzo cade nella strada, tra le bancarelle e resta steso in terra.
Poi rientro nella mia camera, racconto l'accaduto alla mia ragazza. Più tardi esco, vado a fare una passeggiata e mi ritrovo lungo il Nilo. Percorro un marciapiede accanto al fiume, che scorre lento, pieno di barche a vela. Arrivo fino alla fine dove le acque si congiungono al mare e la città finisce. E' il tramonto. E il sogno finisce.

Sto guardando la televisione. Improvvisamente un canale satellitare di notizie inizia a trasmettere un video in cui due aerei di linea stanno precipitando insieme. Sono scortati da due jet militari. Gli aerei di linea sono chiari, praticamente bianchi, i jet invece scuri, quasi neri. La cronaca dell'accaduto si protrae, dai due aerei esce del fumo nero, segno di un incendio a bordo. Il fumo proviene dai vari finestrini. Le notizie sono frammentarie, non si sa bene cosa sia accaduto. Poi qualcuno dice che i due aerei si sono urtati in volo. Però la cosa non convince perchè, benchè semi-avvolti nel fumo, sembrano intatti, senza danni esterni. La caduta prosegue, sempre sotto l'occhio delle telecamere tv e con i due jet di scorta. Si inizia a scorgere la terra, c'è una pista di atterraggio che però è sufficiente solo per uno dei due velivoli. Infine lo schianto. Il primo aereo si disintegra sulla pista di atterraggio, con pezzi che vanno ovunque. L'altro invece a lato della pista, provoca un enorme cratere, stretto ma molto profondo. Ma, stranamente, non c'è nessun rottame. La telecamere si rigira verso la pista di atterraggio, anche lì i rottami sono spariti e si è creata la stessa voragine nel terreno asfaltato.
Più tardi mi ritrovo all'interno di una fabbrica. Sto parlando con due persone, due uomini sulla 45ina. Sono i piloti degli aerei. Stanno parlando tra di loro, scherzando e ridendo, di come si siano prima accostati con i loro velivoli e poi allacciati con un cavo fino a scontrarsi. Continuano a scherzare, poi uno di loro due saluta ed entra in un grosso ascensore e scompare. L'altro resta solo, si inizia a preoccupare. Si sente una voce, è una suora. Chiama il pilota, avvisando che è tardi ed è ora di andare. A quel punto il pilota mi saluta e se ne va. Mi rendo conto che quelli erano i fantasmi dei due piloti, in attesa del loro destino.

giovedì 23 ottobre 2008

Il rosso e il nero

Salto all'improvviso da una finestra ad abbaino.
Volo, per un attimo nel vuoto, poi atterro su un tetto, piatto, di cemento, nero.
Mi trovo sopra un edificio, in un angolo dei camini di forma particolare mi mostrano col loro disegno che questo è il tetto del centro di giocattoli, giochi, marionette e affini della città. Ma non siamo in Italia, è una cittadina austriaca, forse tedesca, la sua skyline mi ricorda quella di Salisburgo. Guardo indietro, alla finestra. L'edifico è invece, quello di un centro di bricolage.
Spari.
I colpi improvvisi mi ricordano che sto scappando. Inizio a rotolare lungo il tetto, quando dalla stessa finestra da cui sono apparso, arrivano i miei inseguitori. Striscio e rotolo fino a dietro un muro, poi casco nel vuoto dietro la parete. Sono finito in una parte interna del tetto, con delle scale che portano ad un ingresso. La porta, nera, è chiusa.
Alzo lo sguardo, il cielo è rosso cupo, i miei nemici non si vedono.
Scivolo, letteralmente, attraverso la porta chiusa, entrando nel centro commerciale. Qualcuno mi sta aiutando, sento la sua energia, la sua volontà, ma non distinguo suoni. Allo stesso tempo percepisco i miei inseguitori, anzi, ora ne è rimasto solo uno, più grande, più forte. L'intero centro è come fosse dentro ad una bolla di vetro, vedo i vari negozi, come dietro ad una parete traslucida color ocra. All'improvviso sento, nella mia mente, che qualcuno sta cercando di imporre la sua supremazia su di me... è il mio inseguitore, che sta cercando di portarmi nel suo mondo di sogni dove non riuscirei più a liberarmi. Riesco a capire tutto ciò, oltrepasso la barriera traslucida, aiutato dall'altra presenza e, improvvisamente, tutto svanisce in un vuoto rosso e nero....

mercoledì 1 ottobre 2008

Premonizioni?

Questa notte mi è capitato di sognare una cosa strana.
Ero insieme ad altri amici in una villa, e ci stavamo preparando per andare ad un evento (che per tutto il sogno è rimasto sconosciuto). Una delle persone nel gruppo con me, era una delle mie colleghe. Questa era in bagno e stava ultimando la preparazione. Noi la chiamiamo perchè era in ritardo e lei da dentro la stanza ci urla che sarebbe stata pronta in pochi minuti. Poi esce e tutti insieme andiamo a questo evento (misterioso). Beh, stamattina questa mia collega è diventata nonna perchè sua figlia nella notte ha dato alla luce una bella bambina, e quindi è dovuta andare via dall'ufficio di corsa.
Che dite, si è trattato di una premonizione?

venerdì 19 settembre 2008

Come se fosse Caronte...

Sogno veramente strano, questa notte. Anche perchè ieri non ho mangiato pesante (btw, ho ordinato un piatto di umbricelli e mi hanno portato dei normali spaghetti...) e poi ero anche in ottima compagnia. Anyway... passiamo al sogno.
Mi trovo su una nave insieme ad altra gente, in aperto mare, quando all'improvviso incrociamo un'altra nave. Quando finalmente ci si accosta mi rendo conto che è un vecchio veliero, di quelli dei film sui pirati. Il veliero si avvicina in modo tale da poter salire a bordo. E lì ci rendiamo conto di una cosa. La nave è grigio scuro, con a bordo solo fantasmi e cadaveri. Tra loro spunta una figura femminile, eterea, anche lei un fantasma. La riconosco, è Marta, la mia ragazza. Ma quando sale a bordo della nostra nave, da fantasma torna ad essere una persona viva e vegeta. Così, dopo averla presa a bordo, ci allontaniamo dal veliero fantasma. E qui inzia una serie di viaggi ed avventure di cui a dire il vero non ricordo molto, se non che ad un certo punto mi ritrovo con un mio vecchio amico, che non vedevo più da anni. Siamo in un castello e dobbiamo uscire per andare non so bene dove. Prendo tutte le mie cose ma non ritrovo i cellulari. Così inizio a rovistare per tutte le stanze del castello, finchè trovo un mio ghiacchetto di jeans con i cellulari dentro. Finalmente usciamo. Dopo un po' mi ritrovo sulla nave in mare e poco dopo rivediamo il veliero. Ci riaccostiamo. Marta, che fino a quel momento era sempre stata con me, ritorna a bordo del veliero. E come risale sulla nave fantasma, anche lei torna ad esserlo, grigia ed eterea, insieme alle altre anime morte. E a questo punto mi spiega che quella è la nave che trasporta i morti nell'aldilà, e lei ne è al comando. Ci riallontaniamo, lasciando Marta e la sua nave fantasma al suo destino. Io sbarco e vado in ufficio ma con ben 45 minuti di ritardo.

domenica 14 settembre 2008

Contromano

Sarà stata la settimana appena finita, che ho passato a iper-lavorare, e quindi la sera ero decisamente stanco, oppure il fatto che sono abbastanza stressato, ma l'altra notte dal sonno ne è uscito fuori un sogno particolare, dove c'erano sia mio fratello che mia madre.
Io mi trovavo in montagna, in attesa di prendere la seggiovia per andare su una pista da sci. Siccome l'attesa era un po' lunga, data la fila, mi arrampico sul primo pilone e salgo fino in cima. Da qui inizio a fare l'equilibrista camminando sopra i tralicci della seggiovia, in direzione della montagna. Nel frattempo l'immagine si sposta allo chalet che avevamo affittato dove vedo mio fratello che dorme in un letto. Poi torno a vedere quello che succede sotto di me ed ecco che scorgo la mia barchetta. Alla guida c'è mia madre. Mi ricordo che aveva rotto la sua e le avevo prestato la mia auto. Però mia madre compie una manovra non corretta: infatti imbocca la superstrada dal senso contrario! Allarmato dal pericolo che sta correndo, prendo il cellulare e chiamo la polizia stradale, poi mi metto a correre sui tralicci per ridiscendere.
Nel frattempo mio fratello è sempre nella sua camera nello chalet, a dormire.
Arrivo alla stazioncina di partenza della seggiovia, e poco dopo la polizia mi riporta mia madre, avvolta in una coperta - come nei film americani quando recuperano un superstite di qualche sciagura - ma sta bene. E' un po' invecchiata ed ha i capelli ricci, invece che lisci, ma sta bene. Tranquillizzato chiedo come è andata. La polizia mi spiega che hanno faticato un po' a fermare mia madre, inseguendola per un po'. Già mi immagino mia madre che infastidita dice "E questi qua che vogliono?"... Comunque dopo un lungo inseguimento l'avevano bloccata e fatta parcheggiare in una piazzola di sosta. A questo punto mi accorgo che mia madre me l'hanno riportata ma la mia barchetta no e allora chiedo. E mi dicono che essendo stato commessa un'infrazione grave, l'auto è sotto sequestro e non me la restituiranno...
Torniamo a piedi allo chalet, dove mio fratello continua a dormire beato...
Qui finisce il post.

martedì 22 luglio 2008

La banconota da 100.000 euro.

Altro sogno, breve, avuto subito dopo il secondo raccontato nel post precedente.
Nel sogno, purtroppo, un parente muore. Ci lascia una bella eredità fatta di proprietà e denaro. Molto denaro. Io devo accompagnare ed aiutare mia madre, che deve gestire questo lascito. Nel sogno è abbastanza più anziana di quanto lo è nella realtà; inoltre, stranamente, è anche abbastanza rimbambita. Stranamente, perchè nella realtà non lo è per niente. Comunque, vista l'età avanzata ed il rimbambimento, la devo seguire. Tra le varie commissioni dobbiamo andare a comprare qualcosa (nel sogno non è chiaro cosa); al momento di pagare, mia madre apre la borsa, estrae il portafoglio e ne tira fuori una banconota. Il biglietto è di dimensioni enormi e bianco latte. Lo guardo meravigliato e mi accorgo che è una banconota da 100.000 euro. La prendo immediatamente e la rimetto nel portafoglio, sgridando mia madre. Le dico se è matta a girare con tutti quei soldi, e le chiedo se si rende conto che sono circa 200 milioni di vecchie lire. Lei mi dice che è una parte dell'eredità e che non voleva prendere quella banconota ma una da 50 euro, per pagare. Rimette il portafoglio in borsa, paga e poi ce ne andiamo.

L'accompagnatore.

Per due notti di seguito ho avuto lo stesso sogno. Cioè, la "trama" generale era la stessa, così come la "location", cambiavano i protagonisti (oltre a me) e alcuni particolari. In pratica accompagnavo una persona in un locale notturno.
Nel primo sogno ero insieme a mio padre. E' molto tempo che non lo sognavo più, sono passati due anni e mezzo dalla sua morte e mi è venuto a trovare in sogno soprattutto durante il primo anno.
Questa volta lo accompagnavo in un locale notturno, una villa in collina. Era una notte estiva e mio padre aveva indossato il suo smoking nero, completato da un papillon sempre nero e una fascia in seta rossa. Per tutta la sera sono stato ad aspettarlo nel giardino del locale, seduto su una sedia di vimini, ad ascoltare musica e bere qualcosa. Verso metà serata una ragazza chiama il mio nome ad alta voce. Mi aveva riconosciuto e voleva salutarmi. Ad un certo punto mi rendo conto che è molto tardi, entro nel locale alla ricerca di mio padre e lo trovo sorridente che sta parlando con altre persone. Gli faccio cenno di andare via, lui saluta tutti e viene da me. Poi finalmente torniamo a casa.
Nel secondo sogno, la notte seguente, torno ancora nello stesso locale. Questa volta devo accompagnare la mia ragazza che per quella sera deve lavorare lì come cameriera. Io non avrei dovuto uscire e così avevo già indossato un mio pigiama in pile azzurro. Poi però decido di accompagnarla e così esco in pigiama. La porto al locale in auto, lei va a lavorare e io resto in macchina ad aspettarla. Non esco perchè sono in pigiama. Aspetto che finisca di lavorare e poi torniamo insieme a casa.

sabato 28 giugno 2008

This is your receipt for your husband... and this is my receipt for your receipt.

Da piccolo mia madre mi portò al cinema a vedere "Fantozzi". E poi ovviamente anche "Il Secondo Tragico Fantozzi". Da quella volta le avventure del ragioniere sono diventate tra le mie preferite...
Poi sono entrato a lavorare in una Pubblica Amministrazione (una P.A., che fa più figo). E improvvisamente mi sono reso conto che Paolo Villaggio & Co., riguardo la vita impiegatizia e la burocrazia, non avevano inventato nulla, romanzato sì, ma non inventato.
Da poco ho invece visto due film che trattano della burocrazia e della vita da impiegati, e si è completato il trittico. Si tratta di "Guida Galattica per Autostoppisti" con i magnifici burocrati spaziali Vogon, e soprattutto con il magnifico "Brazil", che mi vergogno a dirlo ma pur essendo un film del 1985, l'ho visto solo oggi... Qui finisce il post. Beh, "Brazil" è veramente superlativo, anche perchè i suoi argomenti spaziano dalla burocrazia, alla dittatura (tra l'altro inconsapelvole, cioè non recepita dai cittadini/protagonisti), ai sogni (argomento a me caro), mescolati d Terry Gilliam in modo superbo, insieme a la mania di dover per forza far regali di Natale o l'esigenza di rivolgersi a chirurgie estetiche. E ve lo dice uno che mastica burocrazia da 20 anni e fa sogni tutte le notti. Battute come quelle che ho citato nel film sono indimenticabili, pur non arrivando a far comprendere tutto il film. Cercatelo, guardatelo e riguardatelo. E non lascatevi sfuggire la bambina che risponde a Babbo Natale: "Cosa vuoi per Natale?" "Una carta di credito!"...

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