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mercoledì 4 febbraio 2009

La Celestina di Fernando de Rojas nella letteratura inglese: traduzioni ed esiti

Capitolo III - Due secoli di successo in Inghilterra
3.1 1530: "An Interlude of Calisto and Melibea" (prima parte)

Il più antico adattamento in inglese della Celestina è il citato Interlude. Sul nome del possibile autore si è discusso a lungo: A.S.W. Rosenbach ritiene che la metamorfosi della Tragicomedia in un "moral interlude" dovesse provenire da qualche discepolo inglese di Juan Luis Vives, i cui trattati De Institutione christianæ feminæ e De causis corruptarum artium, stigmatizzano la Tragicomedia dal punto di vista etico, e sottolinea l'importanza di questo adattamento - che sembra si fosse rappresentato a lungo - nella genesi del dramma elisabettiano, come accennato nel capitolo precedente.
J.S. Farmer attribuisce l'Interlude a John heywood - che chiama "padre della commedia inglese" - a causa della fraseologia, lo stile e l'umorismo utilizzati.
H. Warner Allen, nella prefazione alla sua edizione della traduzione della Celestina fatta da James Mabbe, lo attribuisce in particolare a Sir Richard Morison, traduttore della Ad sapientiam introductio (1540) di Vives, basandosi principalmente sulle somiglianze lessicali usate nella traduzione.
A.W. Reed propone come autore lo stampatore John Rastell, cognato di Thomas More, che scrisse altre pièces drammatiche; questa tesi è quella generalmente ammessa oggi dagli studiosi del teatro inglese del XVI secolo. A dire la verità, gli argomenti di Reed sono molto deboli: i quattro supposti inserti e sostituzioni dell'Interlude provano solamente che Reed non confronta l'opera inglese con l'originale castigliano ma con la versione pittoresca e poco fedele di Mabbe; il fatto che in una sua opera Rastell parli di sogni profetici, non basta per accettarlo come autore del sogno di Danio, poichè sia la credenza in sogni profetici come il loro uso in teatro, erano di dominio comune; la libera traduzione della frase aristotelica di Sempronio non presuppone uno speciale allaccio con le idee sociali di Rastell ma l'intenzione di tradurre in sintonia con il sentimento, al fine di eludere l'equivoco ingenerato da una traduzione letterale.
In conclusione, anche se non ci sono dati sufficienti per fissare con certezza che Rastell sia effettivamente l'autore dell'Interlude, bisogna sottolineare che tutte le candidature proposte confermano comunque l'opinione di Rosenbach sull'influsso di Vives: in effetti Morison, Heywood e soprattutto Rastell appartennero al circolo di Thomas More proprio negli anni in cui si situa la stampa dell'adattamento. 

Realizzato sulla base degli atti 1-4 della Celestina usando la versione in italiano di Alfonso Ordóñez, l'Interlude risultò comunque essere una commedia molto originale per gli inizi del teatro inglese del Rinascimento, e probabilmente fu ben accolta fintanto che Thomas More godette di popolarità, cioè fino al 1534.
Bisogna inoltre notare che, per un certo verso, contribuì all'arricchimento della lingua inglese: infatti, molti dei proverbi spagnoli che l'originale contiene, apparvero per la prima volta in Inglese: "tomorrow is a new day", "as soon goes the lambskin to market as the sheep's", "the half knows what the whole means". Lo stesso si può dire della frase di Calisto:"Adoro la tierra que huellas" ("Yet worship I the ground that thou gost on"): sebbene sia nella Tragicomedia che nell'adattamento fossero indirizzate a Celestina, queste parole sono tuttora utilizzate per indicare l'estasi della passione rappresentata da un personaggio che non è nè caratteristico nè allegorico.
Inoltre il suo autore, grazie alla propria abilità nel trasformare la prosa di Rojas in versi, è stato qualificato come un umile predecessore di Shakespeare, preannunciando in un certo qual modo quanto avrebbe fatto poi lo stesso Shakespeare con Holinshed e North. Se soltanto avesse portato il suo lavoro verso la sua naturale fine, avrebbe arricchito il dramma inglese della sua prima tragedia d'amore romantica. Invece l'adattatore inglese, che non si riteneva soddisfatto senza una conclusione edificante, sostituì quello che, a suo parere, era un finale incongruo.
L'Interlude of Calisto and Melibea, a differenza di tutti gli altri rifacimenti, infatti non riflette la Tragicomedia per intero: la segue da vicino fino al monologo di Celestina all'inizio del V atto; a questo punto appare Danio (cioè Pleberio) raccontando un sogno che lo ha agitato: in un orto con una vasca con acque salutari e con un pozzo con acque maleodoranti e stagnanti, gli è sembrato di vedere sua figlia, la quale, trascinata dalle adulazioni di una cagna malvagia, abbandona il cammino della prima per il secondo. Ascoltando l'allegoria, Melibea si pente della sua leggerezza e confessa ciò che ha pattuito con Celestina. Danio conclude l'opera con una perorazione che indirizza i genitori al fine di educare i propri figli alla devozione e al lavoro.
Passiamo ora a confrontare alcune caratteristiche tecniche. Nell'Interlude, l'annotazione, ridotta alla forma enunciativa semplice, è molto scarsa e viene spesso sostituita dal monologo, con cui l'attore si rivolge al pubblico per spiegargli il perchè della sua presenza sul palcoscenico, o le istruzioni in latino (intrat Sempronio, hic iterum intrat Calisto); l'unica annotazione descrittiva è in latino e fuori dal testo (hic Melibea certo tempore non loquitur ser uultu lamentabili respicit).
L'Interlude, che, come altrove ribadito, è il più antico degli adattamenti della Celestina, favorisce nell'insieme un dialogo a ritmo più lento rispetto a quello del modello. Per questo è solito amplificare le repliche brevi dell'originale, fonderne varie in una sola e, di fatto, sopprimere i dialoghi molto rapidi. In realtà abbrevia anche i discorsi smisuratamente lunghi, senza dubbio perchè la tempra austera dell'adattatore non era in sintonia con tanta pittoresca loquacità. La tendenza oratoria risalta nel finale aggiunto, dove l'apporto più originale è il sogno profetico di Danio, padre di Melibea. Grazie a questo motivo, l'Interlude si ricollega alla tecnica teatrale di Plauto e di Seneca, figure di indiscussa importanza per il teatro inglese del Rinascimento, poichè a questi autori piace indicare lo svolgimento dell'azione attraverso un sogno o una premonizione trasparente. Se gli adattamenti concordano tutti nel sopprimere diversi monologhi lunghi, l'Interlude ne soppprime due e ne aggiunge altri di sua invenzione per concentrare e chiarire situazioni.
L'Interlude, di chiara matrice vivesiana, evita la rappresentazione diretta del vizio, relegando alla narrazione la scena dell'atto I in casa di Celestina, sopprimendo la consumazione dell'amore illecito, e sottolinea fino alla noia la lezione morale e devota. In realtà non c'è mai stato equivoco sull'intenzione didattica fondamentale di opere come questa, che oltre ad offrire il caso morale, insistono logicamente nello spiegarlo con delle annotazioni a margine. La Celestina costituiva invece il raro caso di un'opera didattica la cui fondamentale intenzione è tanto velata che sfuggì alla maggioranza dei lettori del suo secolo e di quelli successivi.
(fine prima parte)

martedì 2 dicembre 2008

La Celestina di Fernando de Rojas nella letteratura inglese: traduzioni ed esiti.

2.3 La Celestina in Inghilterra (parte terza)
Le traduzioni più importanti, dopo l'Interlude attribuito a Rastell, vengono pubblicate nel 1631 e nel 1707: la prima è The Spanish Bawd, represented in Celestina: or the tragicke-comedy of Calisto and Melibea, edita a Londra da R. Allot.
L'epistola di dedica del traduttore è firmata Don Diego Puede-ser, una traduzione letterale del nome James Mabbe, che scrive:"I have in the undergoing of this translation, shewn more boldnesse then judgment. For though I doe speak like Celestina, yet come I short of her; for she is so concisely sgnificant, and indeede so differing is the idiome of the Spanish from the English, that I may imitate it but not come neere it. Yet have I made it as naturall, as our language will give leave". James Mabbe traduce la Celestina nell'elegante inglese dell'epoca elisabettiana e la ristampa di questa traduzione nella tipografia di Tudor la mette a portata di mano di tutti i lettori inglesi.

Uno di questi sembra sia stato lo stesso Shakespeare, anche se non lesse la versione stampata del 1631 ma direttamente il manoscritto: è probabile infatti che il celebre drammaturgo, essendo amico di Mabbe, abbia avuto un accesso privilegiato; un'altra ipotesi plausibile è che il manoscritto gli sia stato fatto avere da Ben Jonson, amico di entrambi.
Nel suo lavoro, Mabbe, più apertamente di altri, sottolinea il valore artistico, non quello esemplare, della Celestina, secondo il principio non laudare rem sed artem, che era incompatibile con l'interpretazione dell'opera come esempio della morale pratica. Mabbe ammette che la Celestina è un libro non sine scelere sebbene non sine utilitate, ne elogia le coraggiose sentenze, adottando il criterio medievale (siamo in pieno Seicento) di lasciare decidere al lettore l'uso retto del libro, che contiene perle e fango, punizioni per i disonesti e consigli per i casti.
La sua traduzione sostituisce quei termini di devozione cristiana che l'originale usa a sproposito - secondo la morale seicentesca - correggendone l'utilizzo e accentuando la proporzione dei riferimenti eruditi. Ad esempio, aggiunge alle parole latine di Pleberio (XXIII, 343) non solo la traduzione, ma anche l'altra valle citata nei Salmi:

[...] all alone in hac lachrymarum valle, in this vaile of tears, and shadow of death.

Allo stesso modo si libera di riferimenti non propriamente classici, come ad esempio quando nel tradurre il passo in cui Sempronio compara ironicamente Calisto con Nembrod e Alessandro e il loro tentativo (proveniente da una leggenda semitica) di scalare il cielo:

[...] ¡Qué Nembrot, que magno Alexandre; los quales no sólo del señorio del mundo, mas del cielo se juzgaron ser dignos! (I, 95)

Mabbe utilizza un famoso aneddotto:

Why, Alexander the Great did not onely think himself worthy the dominion of one only, but of many worlds.

In questo modo, non solo Mabbe non ha nessuna parola contro la pedanteria presente nella Celestina - e che tanto contrasta con la modernità dell'opera - ma anzi, aumenta in modo considerevole il numero di riferimenti mitologici e classici, riducendo così la freschezza dell'originale.
La versione di Mabbe conobbe comunque un discreto successo, nonostante il quale però, non venne ripubblicata fino al 1894. I motivi possono essere ricercati nella sua non perfetta conoscenza della lingua spagnola o nel fatto che basò la sua traduzione su edizioni "corrette" del testo: "[...] le pagine di Mabbe, per di più, sono oppresse abbastanza naturalmente da parole obsolete, oscure sottigliezze e una sintassi superata, che dà al suo libro una certa aria pittoresca e antiquaria, ma che lo rende affaticante per il lettore di oggi. [...]" (L.Byrd Simpson, 1955).
L'altra edizione è del 1707 e la troviamo pubblicata insieme ad altre novelle in The life of Guzmán de Alfarache or the Spanish Rogue. To wich is added The tragicomedy Celestina. In two volumes. Written in Spanish by Mateo Alemán. Done into English from the New French Version, and compar'd with the Original. By several Hand.
E' da sottolineare che gli anonimi adattatori - che lavorarono su una versione francese dell'opera - attribuirono la paternità della Celestina a Mateo Alemán, autore del Guzmán: la spiegazione più plausibile è che la versione da loro seguita per la traduzione, non riportasse il nome dell'autore.
Sempre nei primi anni del Settecento, divenne molto popolare in Inghilterra un libro, The Spanish Libertines, tradotto dal capitano John Stevens e pubblicato a Londra sempre nel 1707, che seppure ispirato principalmente ad un romanzo spagnolo di "truhaneria", La Picara Justina (pubblicata originariamente nel 1605) faceva riferimento anche all'opera di Rojas: in effetti il libro comprendeva, tra gli altri racconti, Justina, The Country Filt; Celestina, the Bawd of Madrid; Estebanillo Gonzales, the most arch and comical of scoundrels: to rohich is addad a play call'd Au Evening's Adventures.
A conferma della notorietà acquisita in Inghilterra dalla Tragicomedia de Calisto y Melibea, tra la seconda metà del XVI secolo e la prima di quello successivo, vengono pubblicate in Inghilterra alcune opere che possiamo ricollegare, se non direttamente alla Celestina, al filone delle tragicommedie: si tratta di opere di autori inglesi, come Cambises (1570 ca.) di Thomas Preston, presentata come "una lamentevole tragedia, mescolata di piacevole allegria" o Appius and Virginia (1575) di "R.B." (sigla probabilmente di Richard Bower), definita nei sottotitoli "una nuova commedia tragica".
Queste sono alcune delle più rappresentative nel novero di opere teatrali prodotte nel ventennio tra il 1560 e il 1580 e ancora popolari al tempo di Shakespeare (che le ridicolizza sia in A midsummer night's dream che in Henry IV). Da sottolineare la critica che Sir Philip Sidney fa a questo genere di teatro nella sua A Defence of Poesie: "Le nostre tragedie e commedie (contro cui non a torto si grida) che non osservano nè le regole di una onesta educazione nè quelle di un abile poetare [...] Ma oltre a queste grossolane assurdità è da notare che i loro drammi non sono nè vere tragedie nè vere commedie, poichè mescolano re e buffoni, non perchè ciò sia richiesto dalla materia, e costringono costoro, atteggiati a buffoni, a recitare una parte in materie molto nobili, senza pudore e senza discrezione. [...]"
Anche nell'opera di Rojas nobili, servi e prostitute venivano posti allo stesso livello di importanza.
Philaster (1610 ca.), dove la protagonista si chiama Aretusa (cfr. Areúsa nella Celestina di Rojas), e A king and no king (1611) entrambi di Francis Beaumont e John Fletcher, e The Spanish gypsie (1621-22), tragicommedia romanzesca attribuita a Thomas Middleton e William Rowley, completano questo piccolo gruppo.
Influssi della Celestina sono stati notati anche in The Anatomy of Melancholy (1621) di Robert Burton: è probabile infatti che l'autore avesse letto questa opera nella versione latina di K. Von Barth (1624). Ma è soprattutto nelle opere di Shakespeare che la critica ha cercato e ricercato echi, influenze e corrispondenze, a partire da Romeo and Juliet fino a Twelfth Night.

sabato 15 novembre 2008

Ma porc...!!!!

Accidenti alla precarietà dell'informatica!
Dopo quasi due ore che stavo scrivendo un nuovo post (l'ennesimo capitolo della mia tesi sulla "Celestina") la piattaforma "Blogger" ha pensato bene di zompare! e così mi è sparito tutto il post! Per citare Banfi "madonna santissima dell'incoroneta!"
Domenica mi ci ridedicherò...

mercoledì 1 ottobre 2008

La Celestina di Fernando de Rojas nella letteratura inglese. traduzioni ed esiti.

2.3 La "Celestina" in Inghilterra
La teoria che la cultura spagnola fosse molto conosciuta in Inghilterra prevalse per molto tempo. In realtà punti di contatto tra la letteratura spagnola e quella inglese vennero notati già nel corso del Quattrocento, ad esempio nei poemi di Francisco Imperial, dove in effetti si avverte un influsso inglese, ma sarà segnatamente il secolo successivo ad essere caratterizzato da contatti storico-culturali veramente degni di nota: la realizzazione dell'unità politica, la scoperta del Nuovo Mondo, i matrimoni tra Enrico VIII e Caterina d'Aragona e tra Maria Tudor e l'infante Filippo.
L'interesse aumentò con l'arrivo in Inghilterra di alcuni scolari, amici di Sir Thomas More, ansiosi di ascoltare lezioni di Juan Luis Vives, famoso latinista spagnolo che venne in Inghilterra come precettore della principessa Maria, e che, fino al divorzio di Caterina d'Aragona, fu professore di Filosofia ad Oxford. I suoi trattati, in gran parte di carattere religioso, furono per molti anni popolari in Inghilterra. Uno di questi, De Institutione Christianæ Feminæ (Nota: scritta da Vives in latino, fu pubblicata, per la prima volta, in inglese da Richard Hyesde nel 1540), ebbe un esito ragguardevole, tanto che lo continuarono a leggere le signore inglesi come stimolo alla devozione molto tempo dopo che il Cattolicesimo aveva ceduto il posto al regime di Elisabetta. Nella sua autonomia dottrinale assomigliava molto ai libri dei mistici spagnoli, anche se nello stabilire regole pratiche per la condotta quotidiana, indirizzata in certo qual modo ad una perfezione impossibile, non aveva in sé niente di mistico.
Caterina d'Aragona e Juan Luis Vives: due personaggi spagnoli trasferitisi in Inghilterra che in qualche modo si intrecciano con la Celestina e il suo successo nell'isola di Albione. Sembra infatti che la storia di Calisto e Melibea fosse una delle letture preferite dai componenti il seguito di Caterina, al suo arrivo in Inghilterra nel 1501, e da questi fatta conoscere ai cortigiani inglesi che avessero dimestichezza con il castigliano. D'altra parte fu Vives che le conferì attualità proprio a seguito del giudizio emesso sull'opera: infatti l'umanista, nel suo De Institutione faceva una lista dei libri che le donne non dovevano leggere e tra questi include anche la Celestina, indicandolo come libro abominevole (Nota: Vives considerava gli autori dell'opera "homines otiosi, male ferati, vitiis ac spurcitiæ dediti"). In verità il suo fu un giudizio reputato eccessivamente severo ed ingiustificato, giacchè la maggior parte dei suoi contemporanei consideravano la Celestina un'opera maestra. In effetti lo stesso Vives, in un trattato successivo (De Causis Corruptarum Artium - 1531) edulcora le sue posizioni critiche iniziali salvando la Tragicommedia sul piano morale, in virtù delle tragiche morti degli amanti, dei servi e di Celestina.
Tutto questo portò per molto tempo ad attribuire a Vives la prima traduzione inglese della Celestina, stampata verso il 1530. Si tratta di un adattamento in versi, pubblicato anonimo, di non pregevole fattura: inoltre la tragedia finale viene modificata con una conclusione felice e il traduttore aggiunge riflessioni morali che concordano con il primo giudizio emesso da Vives sull'opera di Rojas. (Nota: Anche Thomas More aveva un'opinione avversa alla Celestina, che rifletteva quella di Vives, De Institutione Christianæ Feminæ: the baude mother of naughtynes = Cælestina lena, nequitarum parens)
- il capitolo proseguirà su un prossimo post -

domenica 28 settembre 2008

La Celestina di Fernando de Rojas nella letteratura inglese: traduzioni ed esiti.

2.2 Le traduzioni in Europa
La storia narrata nella Celestina fece epoca nella letteratura di finzione: i motivi vanno forse ricercati nel vigore della sua narrazione, nell'umorismo sempre presente, nella straordinaria forza di osservazione, nonchè nella introspezione psicologica dei caratteri.
Come ho detto il suo fu un successo internazionale e prima della fine del Cinquecento il libro era nelle mani di tutti i lettori colti d'Europa: al punto di meritarsi una popolarità, diffusa quanto inusuale per altre opere, in tutti i paesi.
In Italia l'opera conobbe sei edizioni, oltre alla prima realizzata da Alfonso Ordóñez a Roma nel 1506: venne stampata a Milano nel 1514 e nel 1515, di nuovo a Roma nel 1516 e a Venezia nel 1519, 1535 e 1541. Ci furono delle edizioni della Celestina in tedesco (Ausburgo, 1520 e 1533) e in francese (Parigi, 1527). Esistono inoltre delle edizioni in castigliano stampate però fuori dei confini spagnoli: in Italia (Roma, 1520; Venezia, 1531 e 1534) e in Portogallo (Lisbona, 1540). Infine ci furono delle traduzioni in latino (Pornoboscodidascalus di K. Von Barth, Francoforte, 1624) e una in ebraico in versi (adattamento, oggi perduto, sulla traduzione italiana di Ordóñez, realizzato da Yosef ben Shmuel Sarfati).
Naturalmente la Celestina arrivò anche in Inghilterra (Londra, 1530), tradotta però non dal castigliano ma dall'italiano, probabilmente dalla citata versione di Ordóñez.

mercoledì 24 settembre 2008

La Celestina di Fernando de Rojas nella letteratura inglese: traduzioni ed esiti

Capitolo II
La fama
2.1 Il successo in Spagna
La Celestina ottenne successo a partire dagli stessi familiari di Rojas; infatti il suocero, durante il processo che subì da parte dell'Inquisizione nel 1525, propose come difensore suo genero, "el bachiller Rojas, que compuso a Melibea". Anni dopo, un nipote dello scrittore, quando studiava a Salamanca negli anni 1557-1562, era conosciuto con il soprannome di "El Celestina". D'altra parte nelle Relaciones Topogràficas ordinate da Filippo II e terminate tra il 1575 e il 1580 (si tratta forse della prima inchiesta statistica realizzata in Castiglia), alla domanda su "personas señaladas en letras, armas y en otras cosas", la risposta data dagli abitanti de La Puebla de Montalbàn fu chiara: "de la dicha villa fue natural el bachiller Rojas, que compuso a Celestina".
Aldilà di queste curiosità, benchè significative, è certo che la Celestina conobbe un incredibile successo: fu l'opera spagnola più editata nei secoli XVI e XVII. Esercitò quindi la sua influenza in modo quasi immediato sulla letteratura spagnola successiva. L'aragonese Pedro Manuel de Urrea pubblicava già nel 1513 la Égloga de la tragicomedia de Calisto y Melibea de prosa trobada en metro, e nel 1514 Penitencia de Amor, una curiosa integrazione del Càrcel de Amor e della Celestina.
Ci furono anche altre versificazioni, colloqui e romanzi celentineschi; si scrissero divertenti "disparates", come quello che inizia "En dança mil putas viejas / a modo de Celestina", testamenti di Celestina in versi, curiosità come Celestina la vieja en chistes o Celestina la graduada, opera dello strampalato personaggio Francisco de Orellana. Opere anonime di teatro, sempre del Cinquecento, si ispirarono direttamente a certi aspetti della Celestina: Hipòlita, Seraphina, Thebayda, o la Tragicomedia de Lisandro y Roselia o tercera Celestina, di Sancho de Muñòn, in cui la strega è addirittura la nipote di Celestina. Parlando di successioni o discendenze è interessante la Tragicomedia de Polidoro y Casandrina, anonima, dove la protagonista Corneja succede ad Elicia, che venne dopo Celestina, a cui insegnò Claudina. L'autore, senza dubbio, aveva letto bene la Celestina.
La figura della vecchia ruffiana esercitò un notevole influsso anche in tutta la tradizione posteriore: così nella Égloga de Plàcida y Victoriano, di Juan del Encina; nella Barca do Inferno di Gil Vicente; nella Himenea di Torres Naharro; in alcune novelle esemplari di Cervantes e nella Tìa fingida attribuita per un certo periodo allo stesso Cervantes; in diverse commedie di Lope de Vega oltre che, naturalmente, nella sua Dorotea. Una menzione particolare meritano la Segunda Celestina (1534) di Feliciano de Silva, famoso per essere uno dei continuatori dell'Amadis de Gaula,e la Lozana andaluza (1528) di Francisco Delicado. Una delle ultime "reincarnazioni" di Celestina come strega, la troviamo nella fattucchiera Celeste in La Razòn de la sinrazòn (1915) di Benito Pérez Galdòs. Certamente, si può dire che non sono stati Calisto e Melibea i personaggi dell'opera di Rojas che hanno avuto successo nella tradizione letteraria e culturale spagnola, bensì la vecchia Celestina.

mercoledì 17 settembre 2008

La Celestina di Fernando de Rojas nella letteratura inglese. traduzioni ed esiti.

1.3 Le fonti
Nel caso della Celestina, la critica ha stabilito in modo abbastanza chiaro quali siano state le fonti della Tragicommedia. In primo luogo risalta Petrarca, solo occasionalmente in modo diretto e, invece, in generale attraverso l'indice dell'Opera Omnia dell'Italiano pubblicata a Basilea nel 1496.
E' straordinaria l'abilità di Rojas nell'utilizzare, manipolare e incastrare nel suo testo e per i suoi propositi le frasi selezionate. Naturalmente bisogna considerare che l'importante prologo filosofico di Rojas proviene direttamente dalla prefazione di Petrarca al secondo libro della sua De Remediis utriusque fortunae.
Nella Celestina, oltre al citato Arcipreste de Hita, appaiono oltre a svariate collezioni di aforismi classici, anche Aristotele, Seneca, Ovidio, Boezio, Boccaccio, Andrea Capellanus, la commedia umanista, Nicolàs Nùñez, Jorge Manrique, Juan de Mena, Rodrigo Cota, la Càrcel de Amor di Diego de San Pedro, testi legali utilizzati dai giuristi, senza dimenticare il continuo uso di detti ed espressioni proverbiali.

giovedì 11 settembre 2008

La Celestina di Fernando de Rojas nella letteratura inglese: traduzioni ed esiti.

1.2 L'autore.
L'edizione del 1500 è nota perchè nelle strofe El autor, escusandose si può leggere, in acrostico: "El bachiller Fernando de Rojas acabò la comedia de Calysto y Melybea y fve nascjdo en la Pvebla de Montalvàn". Quindi attraverso un semplice stratagemma appariva non solo il nome ma anche la professione e il luogo di nascita dell'autore dell'opera, Fernando de Rojas, appunto.
Dietro questi scarsi, anche se fondamentali, dati si celava la biografia di un giudeo-converso castigliano, segnata in ogni momento dal pericolo, l'insicurezza ed il sospetto (motivi che giustificano il servirsi dell'acrostico per nascondere il proprio nome. Infatti, nonostante le origini asturiane della famiglia, probabilmente inventate per creare delle radici vetero-cristiane, Fernando era figlio di Hernando de Rojas, condannato dalla Inquisizione di Toledo nel 1488 come ebreo e forse giustiziato. Qualche anno prima, sempre a Toledo, l'Inquisizione aveva già "riconciliato" un altro ramo della famiglia, i Franco, dal chiaro cognome convertito.
Rojas nacque ne La Puebla de Montalbàn - come egli stesso dichiara - non lontano da Toledo, intorno al 1476. Studiò Legge presso l'Università di Salamanca tra il 1494 e il 1502; all'incirca nell'anno 1500 era comunque già "bachiller".
Fu proprio durante il periodo degli studi a Salamanca che Rojas scrisse gli atti II-XVI della Celestina, durante "quinze dìas de vacaciones" come lui stesso ricorda nella carta a un su amigo.
Nel 1507, per problemi di carattere fiscale, Rojas si trasferisce a Talavera de la Reina, dove si dedicò all'esercizio della professione e, più tardi, divenne sindaco della città e si sposò con Leonor Alvarez, anche lei convertita. Tra le poche note biografiche di Rojas, lo troviamo come testimone a favore in un processo contro un altro ebreo, e come difensore in un altro processo contro Alvaro de Montalbàn, suocero dello scrittore, accusato e condannato dal Santo Officio per certe dichiarazioni che Rojas riporterà nella sua opera per bocca di Celestina.
Fernando de Rojas morì nel 1541 a Tavalvera.
A conclusione ci si consenta di formulare la seguente domanda: perchè Rojas dopo un'opera come la Celestina non scrisse più nulla? Possiamo provare a cercare la risposta nelle parole di Juan Goytisolo:
"El enigma del silencio de Rimbaud y de Rojas se explica tal vez si concluimos que, habiendo dicho lo que tenian que decir, ambos, simplemente, se sobreviviàn: Rimbaud en una fuga patética de si mismo [...], Rojas [...] aplacado por una creaciòn literaria que era su imprescindible respuesta personal a la despiadada agresiòn de la vida [...]. La deuda habìa sido cancelada."

lunedì 14 luglio 2008

La Celestina di Fernando de Rojas nella letteratura inglese: traduzioni ed esiti

Capitolo I
La Celestina: studio preliminare
1.1 Il testo
Il testo che oggi noi conosciamo semplicemente con il nome di Celestina ha una storia che per vari motivi è complessa e interessante.
Nel 1499, un secolo dopo la morte dell'Arcipreste de Hita e circa un decennio prima della prima edizione di Amàdis de Gaula, nella città di Burgos lo stampatore Fadrique de Basilea pubblica un'opera senza titolo nè nome dell'autore, un libretto anonimo destinato ad essere, per chi studia l'evoluzione letteraria, uno dei fari che guidano da capo a capo attraverso i mari del tempo. Inizia così quella che si può chiamare la storia pubblica della Celestina, nel suo primo stadio di comedia. Questa prima edizione aveva una sola parte introduttiva (Argumento del primer auto desta comedia), mancavano le parti finali e le annotazioni ed era formata in totale da sedici atti. La trama si dipana sulla falsariga della vicenda di una coppia di amanti perseguitati dalla sfortuna e dalla sensualità, e distinati a ricevere un castigo tremendo (i personaggi sono presi principalmente dall'Arcipreste de Hita). Era una storia in dialogo o forma drammatica che, sebbene scritta per il palcoscenico, era troppo lunga e quasi impossibile per una rappresentazione completa come dramma. Non si deve dimenticare che, all'epoca, gli scrittori procedevano a tentoni nella nebbia. Nessuno aveva appreso a presentare una storia lunga, completa e coordinata in prosa, perchè i racconti di cavalleria erano sostanzialmente un coacervo di episodi variamente concatenati tra di loro, e dello sviluppo del carattere attraverso la finzione non si era sentito parlare a quei tempi; di conseguenza sebbene questa Celestina possa sembrarci grossolana e puerile, non dobbiamo dimenticare che fu la prima storia lunga e coordinata, e con una trama completa scritta, nella letteratura moderna.
L'anno seguente (1500) a Toledo, un altro stampatore, Pedro Hagenbach, pubblica una nuova edizione della stessa opera che appare ora con il titolo "Comedia de Calisto y Melibea: la cual contiene demas de su agradable y dulce estilo muchas sentencias filosofales: y auisos muy necessarios para mancebos: mostrando les los engaños que estan encerrados en siruientes y alcahuetas" e con una serie di parti introduttive: la lettera El autor a un su amigo, le "coplas" de El autor, escusàndose, il Sìguese e l'Argumento de toda la obra nonchè quello già citato del primer auto. Dopo i sedici atti del 1499 figura anche una parte finale, le "coplas" del correttore Alonso de Proaza.
Infine, nel 1501, esce, con elementi identici alla seconda, la terza edizione della Comedia, a Siviglia, per opera di Stanislao Polono.
Dunque, senza considerare edizioni perdute, la Comedia de Calisto y Melibea appare in tre momenti molto vicini nel tempo (1499, 1500, 1501) e in tre città del Regno di Castiglia, muovendosi geograficamente da nord a sud: Burgos, Toledo, Siviglia. Ciò significa che fu, senza dubbio, un autentico "best-seller".
Per fruire della versione completa della Celestina, dobbiamo aspettare ancora qualche anno (1504) e tornare a Toledo dove viene stampata. Questa edizione aveva ventuno atti, poichè erano stati aggiunti (tra il XIV e il XV delle precedenti edizioni) i cinque conosciuti come il Tractado de Centurio; era completata da Incipit, Pròlogo filosofico e dalle strofe post-testuali Concluye el autor, ed era intitolata Tragicomedia de Calixto Y Melibea, titolo che d'ora in poi la caratterizzerà. Purtroppo è oggi perduta. La conosciamo attraverso la traduzione italiana realizzata da Alfonso Ordòñez e stampata a Roma nel 1506 da Eucario Silber. La prima Tragicommedia conservata è del 1507, e fu stampata a Saragozza da Jorge Coci. In realtà nel 1502 furono stampate ben cinque edizioni dell'opera, ma vennero pubblicate tra il 1510 e il 1529. Un'altra edizione che riporta dati diversi da quelli effettivi è quella di Juan Joffré (Valencia, 1514): nei versi si dà come luogo Salamanca e come anno il 1500. La Celestina oltrepassa dunque le frontiere nazionali e linguistiche non solo della Castiglia ma di tutta la Spagna del XVI secolo: il suo è un successo inarrestabile che conosce altre cinque edizioni nel volgere di pochi anni.

venerdì 4 luglio 2008

La Celestina di Fernando de Rojas nella letteratura inglese: traduzioni ed esiti.

Premessa.
Quando un'opera degli inizi del Cinquecento, conosce nel volgere di 10-20 anni un successo a livello europeo, non può non lasciare delle tracce, più o meno profonde, sulla letteratura contemporanea dei paesi vicini.
L'idea della nostra indagine è partita da questa affermazione: cercheremo quindi di individuare quali tracce e che esiti abbia lasciato la "Tragicommedia di Calisto e Melibea", opera che tutti conosciamo con il nome di "Celestina".
In particolare ci concentreremo sulla presenza dell'opera di Ferndando de Rojas in Inghilterra, limitandoci ad un periodo di tempo che va dal 1530, anno della prima traduzione, al 1707. Questo per due ragioni principali: è questo il momento di maggior successo, quindi quello in cui la "Celestina" esercitò - potenzialmente - l'influsso maggiore; l'altro motivo è che dai primi del Settecento la Tragicommedia sparisce dalla circolazione e non si avranno più sue traduzioni fino all'inizio del nostro secolo.
Abbiamo ritenuto opportuno, prima di iniziare la nostra ricerca, effettuare un breve studio preliminare dell'opera: un accenno alla cronistoria delle varie edizioni che si fecero dell'originale e alle fonti che ispirarono la realizzazione della Tragicommedia, nonchè un profilo - per quanto possibile, dato le poche notizie - dell'autore.
Ci aiuteranno a capire i perchè di certi adattamenti e a rendere più chiaro - ci auguriamo - il lavoro successivo.
Passeremo ad esaminare, quindi, gli esiti, praticamente immediati, che la "Celestina" ebbe in Spagna, con un succedersi di imitazioni e continuazioni. Il grande successo ottenuto in patria, ebbe come logica conseguenza un susseguirsi di traduzioni nelle principali lingue dell'epoca: italiano, francese, tedesco e inglese.
Non bisogna stupirsi se, tra le varie versioni, ve ne furono anche una in latino - lingua che era ancora molto usata tra gli scrittori e le persone di cultura - e una in lingua ebrea: ricordiamo, infatti, che non solo Ferndando de Rojas era ebreo - anche se fu costretto a convertirsi -, ma che uno dei temi trattati velatamente nella Tragicommedia si riallacciava proprio alla situazione degli ebrei nella Spagna della fine del Quattrocento.
Tratteremo poi, in modo più specifico, delle traduzioni e degli esiti che, nell'arco di due secoli, la "Celestina" ebbe in terra inglese. Cercheremo di capire perchè non fu semplicemente tradotta, ma ne vennero fatti degli adattamenti, a volte vicini, altre lontani dall'originale; vedremo come, nonostante pesanti critiche, conobbe un periodo di splendore che la porterà - argomento su cui ci soffermeremo nel capitolo successivo - fino alla biblioteca di Shakespeare. Su quale versione abbia messo le mani il grande genio inglese non è dato sapere, ma, attraverso le citazioni ed i riferimenti più o meno diretti al capolavoro di Fernando de Rojas, che si trovano in alcune delle sue opere, cercheremo di trovare una risposta.
Nella nostra indagine tutte le citazioni fanno riferimento al testo "La Celestina" edizione di Dorothy S. Severin, Catedra, Madrid, 1997.

Tesi di laurea

In alcuni post ho riportato brani e poesie che ho scritto in passato. Ovvio che non sono un poeta nè uno scrittore, ma come il 90% delle persone ho degli scritti nel cassetto. Per la verità di poesie ne ho ancora, e prima o poi riprenderò a pubblicarle. Ora invece mi sono riproposto di pubblicare un'altra cosa, di cui sono sempre l'autore, ed è questo il motivo della premessa. Volevo pubblicare la mia tesi di laurea (scritta in parte in inglese) su un opera letteraria spagnola di inizio '500. Si tratta de "La Celestina" di Fernando de Rojas. Perchè ho scritto in inglese una tesi su un'opera spagnola e non nella sua lingua madre? Beh, perchè mi sono laureato in lingua inglese, ma soprattutto perchè la tesi verteva sull'influenza che "La Celestina" ebbe sulla letteratura inglese contemporanea.
Non è che sia venuto fuori un capolavoro di tesi, ma comunque l'argomento è interessante. Perciò credo meriti la lettura. Però mi raccomando, non me la copiate spudoratamente, se siete interessati contattatemi, ne parleremo e vi dirò i riferimento bibliografici. Se seguite il blog la ritroverete via via, in vari post, raggruppati con la stessa etichetta di questo.

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