martedì 2 dicembre 2008

La Celestina di Fernando de Rojas nella letteratura inglese: traduzioni ed esiti.

2.3 La Celestina in Inghilterra (parte terza)
Le traduzioni più importanti, dopo l'Interlude attribuito a Rastell, vengono pubblicate nel 1631 e nel 1707: la prima è The Spanish Bawd, represented in Celestina: or the tragicke-comedy of Calisto and Melibea, edita a Londra da R. Allot.
L'epistola di dedica del traduttore è firmata Don Diego Puede-ser, una traduzione letterale del nome James Mabbe, che scrive:"I have in the undergoing of this translation, shewn more boldnesse then judgment. For though I doe speak like Celestina, yet come I short of her; for she is so concisely sgnificant, and indeede so differing is the idiome of the Spanish from the English, that I may imitate it but not come neere it. Yet have I made it as naturall, as our language will give leave". James Mabbe traduce la Celestina nell'elegante inglese dell'epoca elisabettiana e la ristampa di questa traduzione nella tipografia di Tudor la mette a portata di mano di tutti i lettori inglesi.

Uno di questi sembra sia stato lo stesso Shakespeare, anche se non lesse la versione stampata del 1631 ma direttamente il manoscritto: è probabile infatti che il celebre drammaturgo, essendo amico di Mabbe, abbia avuto un accesso privilegiato; un'altra ipotesi plausibile è che il manoscritto gli sia stato fatto avere da Ben Jonson, amico di entrambi.
Nel suo lavoro, Mabbe, più apertamente di altri, sottolinea il valore artistico, non quello esemplare, della Celestina, secondo il principio non laudare rem sed artem, che era incompatibile con l'interpretazione dell'opera come esempio della morale pratica. Mabbe ammette che la Celestina è un libro non sine scelere sebbene non sine utilitate, ne elogia le coraggiose sentenze, adottando il criterio medievale (siamo in pieno Seicento) di lasciare decidere al lettore l'uso retto del libro, che contiene perle e fango, punizioni per i disonesti e consigli per i casti.
La sua traduzione sostituisce quei termini di devozione cristiana che l'originale usa a sproposito - secondo la morale seicentesca - correggendone l'utilizzo e accentuando la proporzione dei riferimenti eruditi. Ad esempio, aggiunge alle parole latine di Pleberio (XXIII, 343) non solo la traduzione, ma anche l'altra valle citata nei Salmi:

[...] all alone in hac lachrymarum valle, in this vaile of tears, and shadow of death.

Allo stesso modo si libera di riferimenti non propriamente classici, come ad esempio quando nel tradurre il passo in cui Sempronio compara ironicamente Calisto con Nembrod e Alessandro e il loro tentativo (proveniente da una leggenda semitica) di scalare il cielo:

[...] ¡Qué Nembrot, que magno Alexandre; los quales no sólo del señorio del mundo, mas del cielo se juzgaron ser dignos! (I, 95)

Mabbe utilizza un famoso aneddotto:

Why, Alexander the Great did not onely think himself worthy the dominion of one only, but of many worlds.

In questo modo, non solo Mabbe non ha nessuna parola contro la pedanteria presente nella Celestina - e che tanto contrasta con la modernità dell'opera - ma anzi, aumenta in modo considerevole il numero di riferimenti mitologici e classici, riducendo così la freschezza dell'originale.
La versione di Mabbe conobbe comunque un discreto successo, nonostante il quale però, non venne ripubblicata fino al 1894. I motivi possono essere ricercati nella sua non perfetta conoscenza della lingua spagnola o nel fatto che basò la sua traduzione su edizioni "corrette" del testo: "[...] le pagine di Mabbe, per di più, sono oppresse abbastanza naturalmente da parole obsolete, oscure sottigliezze e una sintassi superata, che dà al suo libro una certa aria pittoresca e antiquaria, ma che lo rende affaticante per il lettore di oggi. [...]" (L.Byrd Simpson, 1955).
L'altra edizione è del 1707 e la troviamo pubblicata insieme ad altre novelle in The life of Guzmán de Alfarache or the Spanish Rogue. To wich is added The tragicomedy Celestina. In two volumes. Written in Spanish by Mateo Alemán. Done into English from the New French Version, and compar'd with the Original. By several Hand.
E' da sottolineare che gli anonimi adattatori - che lavorarono su una versione francese dell'opera - attribuirono la paternità della Celestina a Mateo Alemán, autore del Guzmán: la spiegazione più plausibile è che la versione da loro seguita per la traduzione, non riportasse il nome dell'autore.
Sempre nei primi anni del Settecento, divenne molto popolare in Inghilterra un libro, The Spanish Libertines, tradotto dal capitano John Stevens e pubblicato a Londra sempre nel 1707, che seppure ispirato principalmente ad un romanzo spagnolo di "truhaneria", La Picara Justina (pubblicata originariamente nel 1605) faceva riferimento anche all'opera di Rojas: in effetti il libro comprendeva, tra gli altri racconti, Justina, The Country Filt; Celestina, the Bawd of Madrid; Estebanillo Gonzales, the most arch and comical of scoundrels: to rohich is addad a play call'd Au Evening's Adventures.
A conferma della notorietà acquisita in Inghilterra dalla Tragicomedia de Calisto y Melibea, tra la seconda metà del XVI secolo e la prima di quello successivo, vengono pubblicate in Inghilterra alcune opere che possiamo ricollegare, se non direttamente alla Celestina, al filone delle tragicommedie: si tratta di opere di autori inglesi, come Cambises (1570 ca.) di Thomas Preston, presentata come "una lamentevole tragedia, mescolata di piacevole allegria" o Appius and Virginia (1575) di "R.B." (sigla probabilmente di Richard Bower), definita nei sottotitoli "una nuova commedia tragica".
Queste sono alcune delle più rappresentative nel novero di opere teatrali prodotte nel ventennio tra il 1560 e il 1580 e ancora popolari al tempo di Shakespeare (che le ridicolizza sia in A midsummer night's dream che in Henry IV). Da sottolineare la critica che Sir Philip Sidney fa a questo genere di teatro nella sua A Defence of Poesie: "Le nostre tragedie e commedie (contro cui non a torto si grida) che non osservano nè le regole di una onesta educazione nè quelle di un abile poetare [...] Ma oltre a queste grossolane assurdità è da notare che i loro drammi non sono nè vere tragedie nè vere commedie, poichè mescolano re e buffoni, non perchè ciò sia richiesto dalla materia, e costringono costoro, atteggiati a buffoni, a recitare una parte in materie molto nobili, senza pudore e senza discrezione. [...]"
Anche nell'opera di Rojas nobili, servi e prostitute venivano posti allo stesso livello di importanza.
Philaster (1610 ca.), dove la protagonista si chiama Aretusa (cfr. Areúsa nella Celestina di Rojas), e A king and no king (1611) entrambi di Francis Beaumont e John Fletcher, e The Spanish gypsie (1621-22), tragicommedia romanzesca attribuita a Thomas Middleton e William Rowley, completano questo piccolo gruppo.
Influssi della Celestina sono stati notati anche in The Anatomy of Melancholy (1621) di Robert Burton: è probabile infatti che l'autore avesse letto questa opera nella versione latina di K. Von Barth (1624). Ma è soprattutto nelle opere di Shakespeare che la critica ha cercato e ricercato echi, influenze e corrispondenze, a partire da Romeo and Juliet fino a Twelfth Night.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

leggere l'intero blog, pretty good

Anonimo ha detto...

Perche non:)

Anonimo ha detto...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu

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