mercoledì 4 febbraio 2009

La Celestina di Fernando de Rojas nella letteratura inglese: traduzioni ed esiti

Capitolo III - Due secoli di successo in Inghilterra
3.1 1530: "An Interlude of Calisto and Melibea" (prima parte)

Il più antico adattamento in inglese della Celestina è il citato Interlude. Sul nome del possibile autore si è discusso a lungo: A.S.W. Rosenbach ritiene che la metamorfosi della Tragicomedia in un "moral interlude" dovesse provenire da qualche discepolo inglese di Juan Luis Vives, i cui trattati De Institutione christianæ feminæ e De causis corruptarum artium, stigmatizzano la Tragicomedia dal punto di vista etico, e sottolinea l'importanza di questo adattamento - che sembra si fosse rappresentato a lungo - nella genesi del dramma elisabettiano, come accennato nel capitolo precedente.
J.S. Farmer attribuisce l'Interlude a John heywood - che chiama "padre della commedia inglese" - a causa della fraseologia, lo stile e l'umorismo utilizzati.
H. Warner Allen, nella prefazione alla sua edizione della traduzione della Celestina fatta da James Mabbe, lo attribuisce in particolare a Sir Richard Morison, traduttore della Ad sapientiam introductio (1540) di Vives, basandosi principalmente sulle somiglianze lessicali usate nella traduzione.
A.W. Reed propone come autore lo stampatore John Rastell, cognato di Thomas More, che scrisse altre pièces drammatiche; questa tesi è quella generalmente ammessa oggi dagli studiosi del teatro inglese del XVI secolo. A dire la verità, gli argomenti di Reed sono molto deboli: i quattro supposti inserti e sostituzioni dell'Interlude provano solamente che Reed non confronta l'opera inglese con l'originale castigliano ma con la versione pittoresca e poco fedele di Mabbe; il fatto che in una sua opera Rastell parli di sogni profetici, non basta per accettarlo come autore del sogno di Danio, poichè sia la credenza in sogni profetici come il loro uso in teatro, erano di dominio comune; la libera traduzione della frase aristotelica di Sempronio non presuppone uno speciale allaccio con le idee sociali di Rastell ma l'intenzione di tradurre in sintonia con il sentimento, al fine di eludere l'equivoco ingenerato da una traduzione letterale.
In conclusione, anche se non ci sono dati sufficienti per fissare con certezza che Rastell sia effettivamente l'autore dell'Interlude, bisogna sottolineare che tutte le candidature proposte confermano comunque l'opinione di Rosenbach sull'influsso di Vives: in effetti Morison, Heywood e soprattutto Rastell appartennero al circolo di Thomas More proprio negli anni in cui si situa la stampa dell'adattamento. 

Realizzato sulla base degli atti 1-4 della Celestina usando la versione in italiano di Alfonso Ordóñez, l'Interlude risultò comunque essere una commedia molto originale per gli inizi del teatro inglese del Rinascimento, e probabilmente fu ben accolta fintanto che Thomas More godette di popolarità, cioè fino al 1534.
Bisogna inoltre notare che, per un certo verso, contribuì all'arricchimento della lingua inglese: infatti, molti dei proverbi spagnoli che l'originale contiene, apparvero per la prima volta in Inglese: "tomorrow is a new day", "as soon goes the lambskin to market as the sheep's", "the half knows what the whole means". Lo stesso si può dire della frase di Calisto:"Adoro la tierra que huellas" ("Yet worship I the ground that thou gost on"): sebbene sia nella Tragicomedia che nell'adattamento fossero indirizzate a Celestina, queste parole sono tuttora utilizzate per indicare l'estasi della passione rappresentata da un personaggio che non è nè caratteristico nè allegorico.
Inoltre il suo autore, grazie alla propria abilità nel trasformare la prosa di Rojas in versi, è stato qualificato come un umile predecessore di Shakespeare, preannunciando in un certo qual modo quanto avrebbe fatto poi lo stesso Shakespeare con Holinshed e North. Se soltanto avesse portato il suo lavoro verso la sua naturale fine, avrebbe arricchito il dramma inglese della sua prima tragedia d'amore romantica. Invece l'adattatore inglese, che non si riteneva soddisfatto senza una conclusione edificante, sostituì quello che, a suo parere, era un finale incongruo.
L'Interlude of Calisto and Melibea, a differenza di tutti gli altri rifacimenti, infatti non riflette la Tragicomedia per intero: la segue da vicino fino al monologo di Celestina all'inizio del V atto; a questo punto appare Danio (cioè Pleberio) raccontando un sogno che lo ha agitato: in un orto con una vasca con acque salutari e con un pozzo con acque maleodoranti e stagnanti, gli è sembrato di vedere sua figlia, la quale, trascinata dalle adulazioni di una cagna malvagia, abbandona il cammino della prima per il secondo. Ascoltando l'allegoria, Melibea si pente della sua leggerezza e confessa ciò che ha pattuito con Celestina. Danio conclude l'opera con una perorazione che indirizza i genitori al fine di educare i propri figli alla devozione e al lavoro.
Passiamo ora a confrontare alcune caratteristiche tecniche. Nell'Interlude, l'annotazione, ridotta alla forma enunciativa semplice, è molto scarsa e viene spesso sostituita dal monologo, con cui l'attore si rivolge al pubblico per spiegargli il perchè della sua presenza sul palcoscenico, o le istruzioni in latino (intrat Sempronio, hic iterum intrat Calisto); l'unica annotazione descrittiva è in latino e fuori dal testo (hic Melibea certo tempore non loquitur ser uultu lamentabili respicit).
L'Interlude, che, come altrove ribadito, è il più antico degli adattamenti della Celestina, favorisce nell'insieme un dialogo a ritmo più lento rispetto a quello del modello. Per questo è solito amplificare le repliche brevi dell'originale, fonderne varie in una sola e, di fatto, sopprimere i dialoghi molto rapidi. In realtà abbrevia anche i discorsi smisuratamente lunghi, senza dubbio perchè la tempra austera dell'adattatore non era in sintonia con tanta pittoresca loquacità. La tendenza oratoria risalta nel finale aggiunto, dove l'apporto più originale è il sogno profetico di Danio, padre di Melibea. Grazie a questo motivo, l'Interlude si ricollega alla tecnica teatrale di Plauto e di Seneca, figure di indiscussa importanza per il teatro inglese del Rinascimento, poichè a questi autori piace indicare lo svolgimento dell'azione attraverso un sogno o una premonizione trasparente. Se gli adattamenti concordano tutti nel sopprimere diversi monologhi lunghi, l'Interlude ne soppprime due e ne aggiunge altri di sua invenzione per concentrare e chiarire situazioni.
L'Interlude, di chiara matrice vivesiana, evita la rappresentazione diretta del vizio, relegando alla narrazione la scena dell'atto I in casa di Celestina, sopprimendo la consumazione dell'amore illecito, e sottolinea fino alla noia la lezione morale e devota. In realtà non c'è mai stato equivoco sull'intenzione didattica fondamentale di opere come questa, che oltre ad offrire il caso morale, insistono logicamente nello spiegarlo con delle annotazioni a margine. La Celestina costituiva invece il raro caso di un'opera didattica la cui fondamentale intenzione è tanto velata che sfuggì alla maggioranza dei lettori del suo secolo e di quelli successivi.
(fine prima parte)

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